Politica internazionale

Putin ai Brics: grano, economia e guerra al dollaro

Il leader russo (in video) tuona contro l'Occidente. La sponda di Lula, i dubbi di Pechino

Putin ai Brics: grano, economia e guerra al dollaro

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«Il processo di abbandono del dollaro sta diventando irreversibile per tutti i Paesi Brics». A parlare non è il presidente brasiliano Lula, che ripete il concetto come un mantra da quando è tornato al potere, ma il suo omologo russo Vladimir Putin, ospite di eccezione in videoconferenza ieri al 15º vertice iniziato ieri a Johannesburg con la presenza del segretario generale dell'ONU, Antonio Guterres. Per Putin si tratterebbe di «un processo equilibrato e irreversibile di de-dollarizzazione dei nostri legami economici, con sforzi intrapresi per sviluppare meccanismi efficienti di accordi reciproci, nonché di controllo monetario e finanziario». Putin ha poi attaccato «le azioni irresponsabili di un numero di Paesi» che a suo dire avrebbero provocato l'inflazione che pesa sugli stati più poveri con «emissioni su larga scala per attenuare i costi della pandemia» e provocando «l'accumulo di debito pubblico e privato». Putin ha poi ribadito di essere pronto a rinnovare l'accordo sul grano a patto che «vengano adempiuti gli obblighi verso la Russia», ovvero che vengano revocate quelle che definisce «le sanzioni illegittime» imposte dall'Occidente che «calpestano tutte le norme del libero commercio».

Scroscianti gli applausi in sala a Johannesburg di un gruppo di paesi che non esisterebbe se non fosse per l'ex capo economista di Goldman Sachs Jim O'Neill, che nel 2001 creò l'acronimo BRIC, sottolineando il potenziale di crescita di Brasile, Russia, India e Cina. Dopo si aggiunse il Sudafrica ma ora vogliono entrare altri 40 paesi, tra cui Iran, Bielorussia, Kazakistan, Cuba, Venezuela, Palestina, Vietnam, Nigeria, Algeria e Arabia Saudita. Applausi soprattutto di Lula che, prima ancora di iniziare il summit, aveva rimpianto l'assenza del ricercato della Corte Penale Internazionale per crimini di guerra. Assente il suo «amico Vladimir», Lula si è dovuto accontentare di conversare con Lavrov ma chissà che non incroci anche Prigozhin, il leader del Gruppo Wagner riapparso in video proprio dall'Africa.

A tenere banco a Johannesburg oltre a Putin è però l'espansione del blocco, fortemente voluta da Pechino in funzione anti G-7 e anti statunitense. «Esorteremo la comunità internazionale a promuovere un ruolo maggiore del meccanismo di cooperazione dei Brics nella governance globale e a rendere più forte questo blocco», ha detto Xi Jinping, arrivato per primo in Sud Africa, a dimostrazione del suo ruolo dominante. Da segnalare che il governo Lula ha chiesto sostegno proprio alla Cina per una riforma del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Il presidente verdeoro vuole «una chiara dichiarazione favorevole alla domanda brasiliana per un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza e la merce di scambio è stata combinata in un'azione congiunta con India e Sudafrica» ha rivelato ieri il quotidiano Estado de São Paulo, secondo il quale i quattro paesi che per primi entreranno nei Brics sarebbero Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti e Indonesia. L'Argentina si è invece per ora tirata fuori. Il presidente Alberto Fernández ha infatti comunicato all'ultimo minuto che non andrà a Johannesburg, forse per non irritare Washington, dove è arrivato ieri il suo candidato alle presidenziali di ottobre e ministro dell'Economia, Sergio Massa. Obiettivo farsi erogare entro fine agosto 7,5 miliardi di dollari dal FMI, dove a decidere sono gli Usa.

Anche perché la banca dei Brics, presieduta da Dilma Rousseff ma dove a comandare è Pechino, sinora non ha erogato nulla a Buenos Aires, alla disperata ricerca di dollari.

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