Putin e Merkel trionfatori Ma la partita è ancora lunga

Il vero perdente sembra Poroshenko: lasciate aperte tutte le questioni chiave Il ruolo della Cancelliera è cresciuto ma ora dovrà dimostrare visione

Se è difficile dire chi abbia vinto in questo round negoziale sulla crisi ucraina, è piuttosto facile indicare un perdente: è l'Ucraina stessa, nella persona del suo massiccio presidente Petro Poroshenko. La massacrante maratona di quasi 17 ore a Minsk non ha infatti portato a Kiev il riconoscimento che più le premeva, quello di un pieno appoggio da parte dei grandi d'Europa alla sua causa di Paese indipendente a tutti gli effetti. Alla fine del vertice in Bielorussia rimangono una quantità di nodi irrisolti, e quasi tutti lasciano l'amaro in bocca a Kiev: il riconoscimento di una linea di cessate il fuoco che non farà che sancire le conquiste territoriali dei filorussi; il differimento della tregua a domenica che permetterà agli stessi di consolidare o estendere quelle conquiste; le truppe straniere che dovrebbero abbandonare il territorio ucraino ma non lo faranno perché la Russia si rifiuta di ammettere di avere propri militari sul posto; il controllo dei confini orientali ucraini subordinato alla riforma costituzionale pretesa da Putin. Poroshenko può però considerare un'importante vittoria l'ottenimento di un prestito internazionale di 40 miliardi di dollari, concesso da una Christine Lagarde che a nome del Fmi si è detta impressionata dalla volontà ucraina di attuare le richieste riforme.

Il vincitore è allora Vladimir Putin? Sì e no. I punti dell'accordo raggiunto a Minsk vanno soprattutto a suo vantaggio, e lo stesso si può dire del fatto che la maratona negoziale ha in realtà prodotto solo una nota congiunta, che potrebbe presto finire nel cestino come la precedente intesa di Minsk dello scorso settembre: a quel punto il tempo lavorerebbe per i russi - che continuano ad ammassare truppe e armamenti in vista di ulteriori avanzate - e non contro di loro. Ma certamente il salvataggio economico dell'Ucraina è un colpo che Putin deve subire: il suo interesse è di veder ridurre l'Ucraina a uno Stato fallito, a un non-Stato da prendere sotto la sua interessata ala protettrice di pan-russo: un gioco che almeno per un po' non gli riuscirà. Ma soprattutto, per valutare se Putin possa essere considerato il vincitore di Minsk, bisogna ricordare che la Russia ha una strategia di lungo termine, proprio quella che sembra invece mancare agli europei e agli americani in questa crisi. Putin è pronto a continuare la sua partita a scacchi in Ucraina per anni, e non ha fretta: i suoi obiettivi non si limitano alla Crimea e al Donbass, ma includono in prospettiva altri territori che ricadevano nell'orbita sovietica prima del collasso dell'Urss. Ben consapevoli di questa preoccupante ambizione, le Repubbliche baltiche, la Polonia e le stesse Romania e Bulgaria - tutti scontenti dell'esito del vertice bielorusso - continuano a esprimere la propria preoccupazione e a chiedere protezione alla Nato e ai partner europei.

Last but not least , Angela Merkel. La stampa mondiale celebra la Cancelliera tedesca, che ha ormai deciso di assumere anche sullo scacchiere diplomatico internazionale un ruolo da protagonista che la moderna Germania ha sempre evitato. Complice il vuoto lasciato dal leader riluttante Barack Obama e l'impossibilità di Londra a porsi come mediatrice con un Putin con cui intrattiene pessimi rapporti, la Merkel svolge nella crisi ucraina un ruolo complesso di primissimo piano, che gli altri europei le hanno in realtà volentieri delegato. La aiutano la familiarità con i russi (che ai tempi della Ddr ha avuto in casa da padroni e di cui parla la lingua - proprio come Putin parla il tedesco per esser stato ufficiale del Kgb a Dresda) e una ottima diretta conoscenza del loro attuale leader, alla cui buona fede tra l'altro non crede.

La Merkel esce da Minsk con un'accresciuta statura internazionale. Ma le rimane un limite, lo stesso che a suo tempo le rimproverava il suo pigmalione Helmut Kohl: è abituata alla navigazione di piccolo cabotaggio, sensibile ai sondaggi d'opinione interni e carente di visione. Difetti che il lungimirante e paziente autocrate di Mosca conta di sfruttare a proprio vantaggio.

Ps: qualcuno avrà notato che mancano riferimenti al ruolo italiano e a quello dell'italiana che nominalmente rappresenta la politica estera europea. È perché la patria ci è cara.

Aveva bisogno

di visibilità

internazionale

e l'ha trovata

con la Merkel

Nonostante il grande impegno, non ottiene dall'Europa

pieno sostegno

Il presidente russo ha ottenuto un'intesa (fragilissima)

a lui favorevole

Esce da Minsk con una statura internazionale accresciuta: dovrà confermarla

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica