La videoconferenza di ieri organizzata dalla Camera di Commercio Italia-Russia e dal Comitato imprenditoriale italo-russo (presieduto dall'ad di Pirelli Marco Tronchetti Provera) è diventata un imbarazzante caso diplomatico e politico, e non poteva essere diversamente. Perché sarà anche vero che la sua pianificazione risale a un periodo precedente e a un contesto diverso, ma è pure evidente che tenere un cordiale vertice economico con sedici rappresentanti di grandi imprese italiane tra cui Enel, Generali e Pirelli alla presenza virtuale dello stesso presidente russo Vladimir Putin e di otto ministri del suo governo proprio mentre è al culmine una crisi internazionale che vede contrapposti la Russia e il blocco occidentale di cui l'Italia fa parte, manda segnali che possono essere graditi soltanto a Mosca.
È quanto sottolinea, con stupore e disagio, la nota congiunta dei componenti del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir) Enrico Borghi (Pd), Elio Vito (Fi) e Federica Dieni (M5S): «Troviamo singolare che proprio mentre in Europa e negli Stati Uniti cresce la preoccupazione per la situazione ai confini dell'Ucraina e si discute di conseguenti nuove, pesanti sanzioni alla Russia, manager di rilevanti società italiane, anche a capitale pubblico, tengano una conference call con dirigenti di importanti società russe e con l'annunciata partecipazione dello stesso presidente Putin (). Pur comprendendo l'esigenza delle nostre aziende di mantenere buoni rapporti con le aziende russe, riteniamo che questa () non possa compromettere l'affidabilità transatlantica dell'Italia e la piena condivisione delle decisioni che () saranno assunte con i nostri storici alleati occidentali».
Lo stesso governo italiano, messo in imbarazzo da un'iniziativa che lo scavalca e che Bruxelles ha definito «inopportuna», aveva chiesto in extremis di fermare l'organizzazione dell'incontro «considerando l'attuale situazione internazionale» (cosa che il Cremlino ha cercato di negare). Il messaggio inviato dalla politica ha però trovato con la sola eccezione dei tre supermanager di Eni, Snam e Saipem, che sempre secondo il portavoce Peshkov erano solo malati - orecchie chiuse nel mondo economico, il quale evidentemente ritiene che gli interessi nazionali coincidano e si esauriscano con i propri, degradando le relazioni politiche con i nostri alleati a un fastidioso impiccio. Ne fa fede Vincenzo Trani, presidente della citata Camera di Commercio, quando sottolinea che «da un lato c'è la realtà economica russa col suo potenziale sempre alto e la sua stretta integrazione all'interno dell'Europa, dall'altro una realtà politica complessa dove agiscono forze che cercano di spezzare questa unità economica».
Le sanzioni citate nella nota del Copasir riguardano potenzialmente lo stesso presidente Putin. Il quale ieri non ha mancato di blandire l'Italia «partner chiave per Mosca», esaltando le allettanti prospettive della collaborazione con il suo Paese e il fatto che potremo continuare a godere, grazie alla promessa affidabilità russa, di prezzi del gas «ben al di sotto di quelli di mercato».
Toni studiatamente mielosi, i cui destinatari sono anche settori della nostra politica più filorussi che atlantisti e il cui evidente fine (pure negato da Peshkov) è di usare il «ventre molle italiano» per incrinare la dichiarata unità atlantica ed europea in un momento in cui la Russia la mette alla prova: già nel 2014 l'Italia si era opposta a sanzioni Ue dopo l'annessione della Crimea.
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