Guerra in Ucraina

Putin minaccia sul grano e offre il gas a Erdogan "Mosca aperta al dialogo"

Incontro tra i leader ad Astana. Peskov: "Non si è discusso di fermare il conflitto". Ma Lavrov non chiude ai contatti con gli Usa: "Servono iniziative decenti". Il Cremlino: "L’offensiva continua."

Putin minaccia sul grano e offre il gas a Erdogan "Mosca aperta al dialogo"

Un'ora e mezza. Novanta minuti. La durata di una partita di calcio ma senza recuperi. E senza un vincitore. È durato tanto l'incontro tra i presidente russo Vladimir Putin e quello turco Recep Tayyip Erdogan ad Astana, capitale del Kazakstan, a margine della sesta riunione del Cica, la Conferenza sulle misure di interazione e rafforzamento della fiducia in Asia che ha radunato i leader dei 28 Paesi membri.

Ma si scrive Astana e si legge Ucraina. E ufficialmente i due, il grande aggressore e il grande mediatore, lo Zar e il Sultano, non avrebbero discusso della «questione di una possibile risoluzione al conflitto in Ucraina», secondo quanto afferma il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov. Ma è difficile immaginare che davvero nel tempo lunghissimo di una partita di calcio, pur tenendo conto della melina obbligata dai tempi della diplomazia, i due non abbiano detto una parola su come andrà a finire la faccenda ucraina, che tiene in ansia il mondo. Nelle ore che hanno preceduto l'incontro il Cremlino aveva mostrato infatti di attendersi una proposta concreta di mediazione sul conflitto in Ucraina da parte del Sultano. E sì che quest'ultimo nei mesi scorsi più volte aveva sgomitato per ritagliarsi un ruolo da regista del dialogo.

Putin ed Erdogan hanno parlato di molti temi collaterali alla guerra. Di grano e fertilizzanti russi che «saranno esportati attraverso Istanbul ai Paesi in via di sviluppo», ha detto il leader turco, precisando che «i passi che Turchia e Russia prenderanno in questa direzione disturberanno alcuni circoli ma nello stesso tempo renderanno felici i Paesi meno sviluppati» mentre la Russia minaccia di uscire dall'accordo sui corridoi per l'export del grano attraverso il Mar Nero, se le richieste sullo sblocco del suo export non verranno soddisfatte, come dice il rappresentante permanente di Mosca a Ginevra, Ghennady Gatilov, in un'intervista pubblicata dalla Reuters. Di gas, con Erdogan ad applaudire all'idea di Putin di un hub in Turchia e quest'ultimo a ricordare che non ne ha parlato con gli altri Paesi europei, che «non esistono, non sono partner ma oppositori. E finora non ci hanno voluto contattare». Della centrale nucleare costruita dai due Paesi in collaborazione ad Akkuyu, sulla costa meridionale della Turchia, della quale nel 2023 dovrebbe entrare in funzione la prima unità. Ma non hanno parlato di guerra e di pace. O meglio, lo ha fatto il solo Erdogan, a parte: «Una pace giusta può essere ottenuta attraverso la diplomazia - riferisce l'agenzia Anadolu - non ci possono essere vincitori in una guerra e perdenti nella pace. Il nostro obiettivo è che il bagno di sangue finisca il prima possibile».

Di guerra e di pace non si parla ad Astana e non si parla anche nel resto del mondo, anche se prima o poi ci si dovrà decidere a farlo. Ieri il Cremlino ha ribadito che finora non ci sono stati contatti tra la Russia e gli Usa sull'organizzazione di un eventuale incontro tra Putin e il pari grado statunitense Joe Biden in occasione del G20 del prossimo novembre a Bali, in Indonesia. Uno spiraglio in realtà lo ha aperto il ministro degli Esteri di Mosca Serghei Lavrov, secondo cui «la Russia non si sottrae a contatti con gli Usa, ma nessuno offre iniziative decenti». Se da Washington dovesse arrivare qualche segnale la Russia «sarà pronta a prenderlo in considerazione». Un Lavrov troppo buono per esser vero, e infatti ecco la stoccata. Parlando della risoluzione Onu che condanna i «referendum illegali» con cui la Russia si è annessa quattro territori ucraini (Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia), Lavrov definisce «metodi del terrore diplomatico» quelli «usati dall'Occidente, spudoratamente, torcendo francamente le braccia, minacciando i paesi in via di sviluppo con ogni sorta di punizione» per spingerli a non obliterare l'annessione.

E l'Ucraina? Non lancia messaggi distensivi verso Mosca. Il presidente Volodymyr Zelensky, intervenendo all'assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, dice forte e chiaro di non credere nella via diplomatica alla soluzione del conflitto, e preconizza che non ci possa essere alcun dialogo con il nemico finché «le armi parlano».

L'unica cosa a parlare, per ora.

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