«C'è una cosa che mi inquieta. Ho appena parlato con due alti ufficiali della Nato e nemmeno loro si raccapezzano. Ho chiesto: secondo voi che cosa vuole davvero Putin? Nemmeno loro ne hanno un'idea precisa e realistica». Gastone Breccia, è docente di storia militare antica all'Università di Pavia e ha scritto libri come il recente «Missione fallita. La sconfitta dell'Occidente in Afghanistan» (il Mulino). «Non entrare nella testa del tuo avversario è un problema», dice. «Ma la realtà è che lo zar stesso si è perso nel suo labirinto di provocazioni e aggressioni».
A proposito di obiettivi. Lei che idea si è fatta?
«Si possono fare delle ipotesi. La prima: i russi si fermano al Dniepr, lasciano l'Ucraina occidentale a un governo Zelenski in ritirata a Leopoli, prendono la costa e la parte orientale e la affidano a un governo fantoccio. La seconda: si prendono tutto il Paese. La spartizione sembra più probabile, visto che un'avanzata a Ovest finirebbe per provocare da parte della Nato la proclamazione di una «no fly zone» nella zona occidentale per proteggere i profughi, che a quel punto aumenterebbero ancora. La situazione diventerebbe caldissima con i polacchi che difficilmente accetterebbero l'avvicinamento di truppe russe e con le unità ucraine rimaste attive che potrebbero ricompattarsi all'Ovest».
E delle operazioni militari in corso cosa dice?
«Da parte russa c'è stata evidentemente una sottovalutazione iniziale. Pensavano che la popolazione non reagisse, governo ed esercito si squagliassero. Forse per questo hanno inviato truppe non di punta e hanno usato una tattica che in inglese si definisce «thunder-run», letteralmente corsa di tuono: raid veloci in profondità con lo scopo di destabilizzare la resistenza nemica pensando che questa si sfaldi. E invece non è successo. Non hanno usato la loro grande potenza di fuoco perchè pensavano di non averne bisogno e volevano presentarsi come, liberatori e non invasori. Adesso, però, sono guai.
In che senso?
«Quando ci si trova di fronte a un centro abitato presidiato e difeso la dottrina di impiego russa prevede di raderlo al suolo usando l'artiglieria in un modo che può rivelarsi devastante. Le avvisaglie si vedono già».
Negli ultimi anni si era parlato molto della modernizzazione dell'esercito russo, che però non sembra aver dato una grande prova.
«È da vedere se questa impressione dipende da cattiva organizzazione o da cattivo impiego tattico. Anche la migliore legione romana se impiegata male non rendeva».
In pratica?
«Un esempio: le prime colonne russe sono state mandate avanti a piccoli gruppi, a livello di compagnia non di battaglione. Ma una compagnia ha possibilità operative scarse se trova resistenza organizzata. L'intera struttura logistica era tarata su questo approccio e per questo si sono trovati in difficoltà. Un carro armato consuma una data quantità di carburante se procede su un tranquillo percorso stradale, tutt'altra quantità se deve manovrare durante combattimenti duri. Moltiplichi il singolo problema per 100 o mille e vede le difficoltà».
E l'esercito ucraino?
«La maggior preparazione rispetto a un tempo si è vista. Hanno pesato due fattori esterni. Il primo: la Nato sta fornendo agli ucraini una serie di informazioni fondamentali come gli spostamenti delle truppe russe tenute d'occhio grazie ai satelliti spia.
Non si può dire ufficialmente ma è così. In più negli ultimi anni gli ucraini hanno acquistato armi migliori e hanno utilizzato la guerra nel Donbass come campo d'addestramento per far acquisire alle truppe esperienza di combattimento».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.