Nella piazza di Monselice (Padova) c'è chi giura di averli visti «nei paraggi»: loro, i due preti più chiacchierati del Veneto, al momento sono dei fantasmi. Ma si sa che certe «entità» possono materializzarsi e smaterializzarsi improvvisamente. Cose che succedono quando si ha a che fare con creature di puro spirito, anche se nel caso di don Andrea Contin e don Roberto Cavazzana (sacerdoti fin troppo «amati» dalle loro parrocchiane), oltre allo spirito, c'è tanta carne.
Al Bar Centrale di Monselice la foto del faccione rubicondo di don Andrea passa da smartphone in smartphone, idem per il volto da bel tenebroso di don Roberto. «Beati loro che passavano da un festino sessuale all'altro - si commenta ai tavoli ingombri di spritz e patatine -. Ma l'avete visto don Andrea? Ma come faceva ad avere tante donne? E don Roberto? Quello sì che sembra figo...». Eppure quello che procurava l'oscuro oggetto del desiderio era - secondo l'accusa - il meno avvenente dei due: don Andrea, parroco della chiesa padovana di San Lazzaro; ma a beneficiare del suo insospettabile harem sarebbe stato pure il più affascinante: don Roberto, parroco di Carbonara, frazione di Rovolon (Padova).
Don Roberto è stato sentito giorni fa dal pm che indaga sul vorticoso giro di rapporti «canonici» (nel senso di consumati in canonica) da don Andrea, il quale aveva trasformato la sacrestia in una alcova dotata di articoli speciali da sexy-shop e che sembra si vantasse di avere già un figlio di 4 anni. Ma, al di là dell'aspetto morale, sono stati commessi dei reati? Questo dovrà accertarlo la magistratura, ad esempio sentendo un transessuale di Limena con il quale uno dei due parroci avrebbe avuto rapporti a pagamento. Intanto don Roberto (che nel 2013 fa divenne «celebre» per essere stato in predicato di celebrare le nozze di Belen) ha ammesso di aver partecipato alle orge organizzate dal suo collega che gli avrebbe messo a disposizione la sua amante: una donna di 49 anni alla quale don Andrea sarebbe arrivato a chiedere di fare sesso con un cavallo davanti a lui.
Da mesi don Andrea è sparito dalla circolazione e, da qualche giorno, si sono perse anche le tracce di don Roberto.
Che fine hanno fatto? E qui tornano in ballo le voci che circolano a Monselice, dove non sono pochi quelli che sostengono di aver visto i due «nei paraggi». Ma che significa «nei paraggi»? E, soprattutto, cosa c'è «nei paraggi?».
A pochi chilometri dal centro del paese, sui colli Euganei, sorge infatti uno dei tre «monasteri» italiani (altri due si trovano a Trento e Verbania, gestiti dai padri Venturini) specializzati nel «recupero di preti in difficoltà». E chi, al momento, è più «in difficoltà» di don Contin e don Cavazzana? La «casa protetta» di Monselice è amministrata con sapiente discrezione dalla Comunità San Francesco Onlus.
Da queste parti i giornalisti sono visti con la stessa simpatia che gli esorcisti nutrono per Satana. Alla reception sono laconici: «Tutte le informazioni sono sul nostro sito». Inutile chiedere se tra gli attuali ospiti ci siano anche don Andrea e don Roberto. Non ci resta quindi che cliccare sulla voce «clero», scoprendo che nell'ambito del «Programma per religiosi e preti con disagi» la Comunità «accoglie consacrati, diocesani e religiosi, che presentano disagi legati a dipendenze patologiche, sia da sostanze tipo alcol, droghe, farmaci, ma anche riferitesi a comportamenti, come compulsioni alimentari, gioco patologico, shopping compulsivo, internet, compulsioni sessuali, ecc». E chi, più di don Andrea e don Roberto è assillato da «compulsioni sessuali?».
Ma qual è la modalità con cui da 36 anni la Comunità San Francesco di Monselice cura questi disagi? Spiegano gli operatori della Comunità: «Ai fratelli viene offerto un ambiente protettivo dove possono trovare spazio di condivisione e proiezione le loro difficoltà e le sofferenze di vita trascorsa fino a quel momento.
In un ambiente sereno, ex eremo, sono accompagnati nella vita quotidiana da educatori di comunità, e viene dato loro un servizio di psicoterapia individuale e di gruppo, accompagnamento spirituale e preghiera».Che la «redenzione» di don Andrea e don Roberto possa ripartire proprio da qui? Guai a non credere nei miracoli.
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