Quell'intercettazione targata Woodcock che si è arenata al Csm

La telefonata (irrilevante) tra Renzi e il generale finì sui giornali. Ma la pratica è ferma da 2 anni

Sul caso Consip il Csm non ha finora aperto alcuna pratica, ma ce n'è una pendente in prima commissione dal 2015 sul caso Cpl Concordia che ha molte similitudini e gli stessi protagonisti: il pm napoletano Henry John Woodcock (sotto istruttoria disciplinare), il capitano del Noe dei carabinieri Giampaolo Scafarto (indagato a Roma) e il giornalista Marco Lillo de Il Fatto. Sempre di intercettazioni di Matteo Renzi, irrilevanti penalmente e di fughe di notizie si tratta, sempre del tragitto misterioso dalla procura di Napoli allo stesso giornale. E del sospetto che, magari anche con qualche manipolazione, notizie politicamente sensibili siano state date ad arte in pasto all'opinione pubblica. Insomma, di un metodo con le iniziali H.J.W.

A scrivere di «Due cortocircuiti simmetrici» è Luciano Capone su Il Foglio, ricostruendo dettagliatamente le due vicende. Se la prima conversazione spiata è quella ben nota tra l'ex premier e il babbo, indagato per traffico d'influenze su Consip, nell'altra del 2014 c'è la famosa frase in cui Renzi parla dell'allora capo del governo Enrico Letta come di «un incapace», con il generale della Guardia di Finanza Michele Adinolfi, indagato per corruzione per Cpl Concordia, intercettato per errore e poi archiviato su richiesta dello stesso Woodcock. Di ambedue le intercettazioni, non utili per le inchieste, s'è occupato il Noe di Scafarto.

Letto l'articolo del Foglio, il laico di Forza Italia al Csm Pierantonio Zanettin, che ha chiesto più di un mese fa al Csm di occuparsi della vicenda Consip, ricorda che anche la pratica sull'affaire Adinolfi-Renzi era stato lui a sollecitarla. Ora, dice, appare ancor più «necessario che la prima commissione svolga accertamenti sulle inquietanti analogie evidenziate dalla indagine giornalistica», con le «criticità emerse nella inchiesta Consip». Per Zanettin, «pare quindi evidente che, a prescindere dall'apertura di una pratica sulla vicenda Consip, che il Comitato di presidenza si ostina a negare, un fascicolo è già pendente, in prima commissione Csm sui protagonisti dell'inchiesta».

E quella pratica, in due anni, dove e perché si è insabbiata? Come per il processo disciplinare a Michele Emiliano, che continua ad essere rinviato di mese in mese, a Palazzo de' Marescialli sembrano molto preoccupati di pronunciarsi su fatti d'attualità di grande peso politico. Forse per non essere accusati di interferenza, ma questa assenza, alla lunga, risulta ancor più sospetta. In questo momento il caso Consip mette in imbarazzo il governo Gentiloni, coinvolgendo il ministro dello Sport Luca Lotti e, soprattutto, il riconfermato segretario del Pd Renzi. Che nella sua enews ieri scriveva: «Consip? Non molliamo di un centimetro, vogliamo la verità. E nessun bavaglio alle intercettazioni, anzi. Vogliamo solo che tutti rispettino la legge». Il ministro della Giustizia, Andrea Orlando su La7 ha detto alla Gruber che quella tra i due Renzi sarebbe «una intercettazione probabilmente illegale perché non sta nei fascicoli». E il presidente dell'Anm Albamonte, ha dovuto concordare con il procuratore di Catanzaro Gratteri e con il vicepresidente del Csm Legnini sul fatto che «è stato o l'ufficio del pm o gli investigatori» a far uscire le notizie. Ma ritiene «arbitraria l'ipotesi che debbano agire in sincronia, uno come mandante dell'altro».

A Roma, intanto, sul caso Consip scoppia la pace tra

le procure di Roma e Napoli. I capi Pignatone e Fragliasso, con i titolari capitolini Ielo, Beatrice, Palazzi e partenopei Woodcock e Carrano, dopo un vertice assicurano che c'è «piena sintonia» e «massima collaborazione».

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