Ma i vecchi non sono dei rifiuti

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Due storie di cronaca raccontano un razzismo poco denunciato, che la dice lunga sulla quotidiana disumanità, l'ageismo. A Vercelli un uomo di 92 anni che andava ogni giorno a trovare la moglie malata in ospedale, al suo posto, nella stanza, d'improvviso trova un'altra signora. Dopo una lunga ricerca un'infermiera gli comunica che è deceduta a sua insaputa il pomeriggio precedente. Non si erano curati di comunicargli che si era aggravata e poi che era morta. Se fosse stata una giovane donna non sarebbe accaduto. Eppure entrambe possiedono un'identità e una storia di vita, una famiglia per cui quella perdita significa un grande dolore nella sua unicità. A Casalguidi cinque adolescenti tra i 13 e i 16 anni aggrediscono un anziano claudicante. Tra risate e schiamazzi gli scippano il bastone, lo filmano accasciato a terra per poi postare il video sui social network come fosse un trofeo di cui andare fieri. Anziani disumanizzati e ridotti a subumani, cui si toglie la dignità nell'indifferenza di giovani e adulti. L'ageismo si fonda su alcuni stereotipi ampiamente diffusi, per cui l'anziano è sempre inutile e improduttivo, un malato terminale senza nessun desiderio sessuale e quindi impotente, imbruttito dal tempo, molto spesso demente e a volte strano se non pazzo. I dati dicono invece che l'80% delle persone al di sopra dei 65 anni è autosufficiente, sessualizzato, capace di apprendere e ricordare se continua ad essere parte attiva della società, e che soltanto pochi di loro soffrono di psicopatologie. Maltrattare un anziano, dimenticare la sua morte, isolarlo e stigmatizzarlo, è un razzismo miope e crudele. In forte aumento perché il successo, la bellezza e la produttività sono i miti da contrapporre al fallimento, alla disabilità e alla vecchiaia. In questa società, focalizzata sulla propria individualità e sulla realizzazione di se stessi e dei propri scopi, quelli che non rispondono agli standard di efficienza sono ferri vecchi di poco valore. È invece proprio durante la vecchiaia che l'individuo riesce ad affermare la propria identità, al di fuori dei ruoli imposti dagli altri e dalla società l'anziano può permettersi di essere liberamente se stesso.

Al novantenne, cui hanno calpestato la dignità della moglie, con cui aveva condiviso sessant'anni di vita, hanno fatto un danno psicologico incalcolabile. Dall'ospedale hanno fatto sapere che prenderanno gravi provvedimenti. Dovremmo vigilare avvenisse davvero, affinché a nessun altro accada di diventare un rifiuto da smaltire.

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