Dal Covid alla guerra Zar travolto

Due anni fa la pandemia ha traumatizzato la popolazione mondiale.

Dal Covid alla guerra Zar travolto

Due anni fa la pandemia ha traumatizzato la popolazione mondiale. Nessuno avrebbe mai immaginato di doversi confrontare con la paura di una malattia che arrivava dalla Cina costringendo le persone al distanziamento sociale e all'isolamento. Un virus sconosciuto e potenzialmente mortale minacciava la vita senza possibilità di prevedere cosa sarebbe accaduto. Un nemico senza volto da cui difendersi senza armi adeguate. Le misure di prevenzione hanno proibito il contatto fisico tra gli individui, obbligati a coprire il volto e a trasformarsi in maschere, privati dei sorrisi. L'altro è diventato un untore, un nemico. La casa e i suoi confini sono divenuti l'unico mezzo per tutelarsi dall'altro e salvarsi dalla malattia. Guardare un amico o un nipotino come un probabile portatore di morte ha provocato l'emersione del tratto ostile e paranoideo nelle persone. Il Covid ha colpito tutte le nazioni ma la sua democraticità ha creato ostilità e chiusura dei confini più che collaborazione tra le popolazioni. Anche Putin, uomo dall'atteggiamento forte e determinato di chi non teme nulla, durante la pandemia si è isolato dagli altri e sembra che prima di incontrare i suoi collaboratori questi dovessero sottoporsi a lunghe quarantene e molti tamponi, e gli incontri, come quello con Macron, sono avvenuti a distanza. Una distanza fisica che ha aumentato la distanza mentale, la possibilità di identificarsi con l'altro e le sue emozioni, di provare empatia. Freud attribuiva all'empatia una funzione di civilizzazione. Se il nemico è riconosciuto come simile, se si possono percepire le sue emozioni e le sue ragioni, è possibile trovare un accordo di pace, se al contrario l'antagonista diventa soltanto un mostro da eliminare non ci sarà nessun dialogo e la guerra continuerà fino alla fine. Per negoziare la pace serve empatia da entrambe le parti. La pandemia potrebbe aver acuito l'aggressività verso l'altro e in Putin potrebbe aver risvegliato anche un sentimento più antico: l'umiliazione e l'emarginazione internazionale vissuta dai russi con il crollo del muro di Berlino.

Nel 1991 Bush promise a Gorbaciov che non avrebbe esteso la presenza militare della Nato al di là della vecchia cortina di ferro e invece ne sono entrate a far parte progressivamente Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia e Ungheria. Assediato e minacciato, prima dal virus e poi dalla Nato, Putin ha utilizzato la risposta d'attacco o fuga. Di fronte al Covid è fuggito, all'Ucraina ha contrapposto la sua corazzata militare.

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