L'immagine della ragazza iraniana con i capelli sciolti e senza il velo è ormai diventata un'icona della protesta contro il governo di Teheran. Anche se in verità quel suo gesto di sfida ha anticipato le grandi manifestazioni di questi giorni e faceva parte della protesta del cosiddetto «mercoledì bianco», in cui molte donne erano scese in piazza a Teheran con il capo scoperto contro le rigide regole sull'abbigliamento in Iran. Quindi, più che una contestazione alla politica del regime era una vera e propria battaglia contro l'obbligo d'indossare il velo. Sebbene la popolazione femminile iraniana sia divisa sulla tradizione di coprire il capo, nel Paese sta crescendo comunque un forte dissenso verso queste costrizioni.
Il gesto della ragazza in Avenue Enghelab, nella capitale iraniana, è stato un grido di libertà, un atto coraggioso per affermare il rifiuto della sottomissione. Coraggio che difetta a molte alte esponenti politiche occidentali. A prescindere dal protocollo iraniano, che impone regole anche le donne straniere, vedere l'Alto rappresentante della politica estera europea, Federica Mogherini, indossare il velo durante la sua visita nell'estate 2015 a Teheran cozza fortemente con le immagini delle donne iraniane che invece quel velo se lo tolgono. Probabilmente, se la Mogherini avesse rifiutato di coprirsi il capo non avrebbe potuto portare a termine la sua visita diplomatica. Ma sarebbe scoppiato un caso. E invece sembra proprio che nessuno abbia il desiderio di alzare l'attenzione sulla condizione delle donne in certi Paesi, sottomettendosi a regole che non solo sono liberticide ma demotivano anche la popolazione femminile locale.
Qualcuno penserà sia paura, ma non lo è. Si tratta solo di rassegnazione, di dare per persa una battaglia prima ancora di iniziarla. D'altronde, la stessa Emma Bonino, primattrice nella lotta per la parità dei diritti, nel 2013 si era sottomessa. Quando arrivò all'aeroporto di Teheran, l'allora ministro degli Esteri fu bloccata e costretta a indossare il velo per non far saltare la visita ufficiale. Stesso discorso per Deborah Serracchiani, la governatrice Pd del Friuli Venezia Giulia, che nella sua visita istituzionale in Iran aveva sempre girato con il capo coperto. Per finire con Laura Boldrini, addirittura orgogliosa d'indossare il velo durante la sua visita alla Grande Moschea di Roma.
Ma le immagini delle nostre esponenti politiche velate non solo sono in contrasto con quelle delle donne iraniane alla ricerca della libertà, ma anche con quelle di altre donne, leader di governo, che hanno invece rifiutato di indossare il velo. Parliamo ad esempio di Theresa May, premier britannico, che lo scorso aprile si è rifiutata di coprirsi il capo durante la visita ufficiale in Arabia Saudita e in Giordania. I media inglesi, in quell'occasione, hanno scritto che la sua azione era dettata dalla scelta di voler difendere simbolicamente l'emancipazione femminile nei paesi musulmani. Decisione che l'accomuna alla cancelliera Angela Merkel, la quale ha incontrato il re saudita lo scorso maggio rifiutandosi di indossare il velo. Ma le politiche britanniche e tedesche forse sono di un'altra pasta. Gli esponenti italiani non solo si sottomettono quando vanno all'estero, ma anche quando ricevono i leader stranieri.
Nessuno può dimenticare la visita del presidente iraniano Rouhani ai Musei Capitolini di Roma, quando tutte le opere d'arte con qualche nudità furono coperte o nascoste. E a chiederlo era stato lo stesso leader di Teheran. Alla faccia del protocollo e della dignità.
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