Prima di annunciare il suo no alle Olimpiadi a Roma, Virginia Raggi dà un sonoro ceffone al presidente del Coni, Giovanni Malagò e non si presenta all'atteso incontro in Campidoglio.
Non è a lui che la sindaca vuole spiegare perché la Capitale non si candiderà ai Giochi del 2024. Quasi 40 minuti di ritardo anche all'appuntamento con la stampa nella Protomoteca e lo sfondo con la Vela di Calatrava assediata dal degrado, simbolo di una Città dello sport mai nata e dei suoi sprechi, già dice quali saranno gli argomenti della Raggi.
Infatti, ecco gli slogan, tra il moralistico, l'ambientalista e il populista: «È da irresponsabili dire Sì a questa candidatura»; «No alle Olimpiadi del mattone», «No alle Olimpiadi del cemento»; «No ad altri debiti per i romani e gli italiani, stiamo ancora pagando quelli delle Olimpiadi del 1960»; «Le Olimpiadi sono un sogno che si trasforma in un incubo»; «Un affare per grandi lobby e grandi costruttori»; «Una presa in giro per i cittadini». Slogan che in contemporanea Beppe Grillo rilancia su Twitter, con l'hashtag #primairomani. Virginia stavolta si è allineata, mettendo da parte le sue riserve e assicura: «Non abbiamo mai cambiato idea, anzi. Non ipotechiamo il futuro di Roma e dell'Italia». Cita precedenti negativi: «Torino 2006, i Mondiali nuoto 2009 con piscine abbandonate». Ricorda: «Boston, Amburgo e Madrid hanno detto No come noi». Rinfaccia al Pd: «Si schierò con Monti per il No ai giochi del 2020, ma dopo 4 anni ha cambiato bandiera». Spiega che non era necessario il referendum via web annunciato a metà giugno: «Quando il Pd e Giachetti hanno trasformato il ballottaggio in un referendum, quasi il 70 per cento dei romani ha detto No». Conclude con il futuro: «Vogliamo uscire dalle logiche dei grandissimi eventi che portano grandissimi debiti»; «Abbiamo un progetto su Roma più ambizioso delle Olimpiadi, riqualificare i servizi e rendere la città degna delle grandi capitali europee». Per recuperare opere incompiute l'impianto di Tre Fontane dei Mondiali di Nuoto diventerà centro paralimpico e la Città di Calatrava «una vela della conoscenza».
Rimane il giallo dello spiacevole incidente con Malagò, salito in Campidoglio con il presidente del Cip Luca Pancalli e uscito, dopo 37 minuti di anticamera senza alcuna notizia, dicendo pieno d'irritazione: «Il sindaco non si è presentato». Una «buca» in realtà preannunciata il giorno prima dal vicesindaco Daniele Frongia, secondo il quale la Raggi non intendeva incontrare di persona Malagò. Perché non avvisarlo, allora, farsi sostituire? Dopo la Raggi si giustifica: «Solo un contrattempo, Malagò è andato via mentre arrivavo».
Difficile crederci, anche perché nello stesso orario veniva fotografata a pranzo in un ristorante in zona Termini. La vicenda è almeno gestita male e probabilmente nasconde tensioni tra la sindaca e il M5S. Le opposizioni, dal Pd a Fi, da Lega a Sel, ipotizzano che sia pesato il diktat di Grillo (dopo il no sono arrivati i suoi complimenti alla Raggi: «Brava, continua così»), che si dovevano ricompattare i grillini, che la Raggi, sotto attacco per i suoi molti errori, rischiava l'abbandono del M5S. Accusano: «Occasione persa», «Gesto irresponsabile», «Paura di governare».
Ma Alessandro Di Battista su Fb presenta la Raggi come un'eroina, che ha «resistito» con giunta e consiglieri a «pressioni inimmaginabili», di «palazzinari senza scrupoli, presidenti del Coni in attesa di rielezione e giornali di proprietà di Caltagirone».Ora l'assemblea capitolina dovrà dire l'ultima parola, votando la mozione del M5S che annulla la delibera della giunta Marino, che nel 2015 s'impegnava sulla candidatura.
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