Politica estera

Raid di Israele su Aleppo, almeno 44 militari morti

Gallant: "Colpiremo Hezbollah ovunque si trovi". La condanna di Mosca: "Conseguenze estremamente pericolose"

Raid di Israele su Aleppo, almeno 44 militari morti

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Era l'una e 45 di ieri, notte fonda. Un raid aereo di Israele prende di mira diversi siti nella campagna di Aleppo. Almeno 44 le vittime, tutti militari. Tra loro sei militanti di Hezbollah e oltre trenta soldati siriani.

Un attacco che non si vedeva da mesi sulla Siria, ma era tutto il fronte Nord a scaldarsi. Poche ore dopo, l'esercito israeliano dichiarava di aver ucciso una figura di spicco del movimento armato libanese in un'altra offensiva aerea, sul Paese dei cedri.

Ali Abed Akhsan Naim era un vicecomandante dell'unità missilistica ed era responsabile della conduzione e della pianificazione di attacchi contro civili israeliani. In un video online si vede un veicolo in movimento, sul quale si diceva stesse viaggiando, viene colpito da un missile ed esplode.

Il raid è stato compiuto nella zona di Bazuriyeh, a est del porto di Tiro. Mosca ha definito «inaccettabili» i bombardamenti israeliani della notte scorsa sulla Siria. Tali azioni possono portare a «conseguenze estremamente pericolose», ha affermato la portavoce del ministero degli esteri russo Maria Zakharova.

In risposta all'offensiva israeliana in Siria, il movimento armato libanese ha annunciato di aver sparato alcuni missili Burkan contro una base militare israeliana in Alta Galilea. La Tv al Manar dello stesso Partito di Dio libanese afferma di aver colpito la base di Biranit, sede della 91ma divisione dell'esercito di Israele a ridosso della linea del fronte.

Il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant ha tuonato: Israele «estenderà la sua offensiva al nord e aumenterà gli attacchi» contro Hezbollah. E ha aggiunto: l'azione di Israele «sta diventando più offensiva che difensiva e arriveremo ovunque Hezbollah si trovi. Beirut, Baalbek, Tiro, Sidone e per tutta la lunghezza del confine: e in posti più lontani, come Damasco». Nel frattempo, il bilancio nella Striscia di Gaza dal 7 ottobre è di almeno 32.552 morti e almeno 74.980 feriti. E altre 12 persone sono state ammazzate in un bombardamento israeliano che giovedì sera ha colpito una casa vicino Khan Yunis. Vittime vengono segnalate anche a Jabalia, nel nord dell'enclave palestinese. Le forze dell'Idf e dello Shin Bet intanto continuano a combattere vicino all'ospedale al Shifa nella parte occidentale di Gaza City.

A livello diplomatico però qualcosa si muove. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha conversato con il capo del Mossad David Barnea e con il capo dello Shin Bet Ronen Bar e li ha autorizzati ad inviare nei prossimi giorni proprie delegazioni a Doha e al Cairo, con un ampio potere di decisione nella prosecuzione delle trattative sugli ostaggi.

Tutto ciò mentre Joe Biden ha fatto sapere che l'Arabia Saudita e altri Paesi arabi sono «pronti a riconoscere pienamente Israele, ma deve esserci un piano post-Gaza, e deve esserci una soluzione a 2 Stati».

I venti di guerra però non sembrano ancora placarsi. Il capo dell'ufficio politico di Hamas, Ismail Haniyeh, infatti, ha incontrato ieri a Teheran il capo di stato maggiore delle forze armate iraniane, il generale Mohammad Hossein Bagheri. Haniyeh è già stato ricevuto dalla Guida suprema, l'ayatollah Ali Khamenei, dal presidente Ebrahim Raisi e dal ministro degli Esteri, Hossein Amirabdollahian. Nel corso dell'incontro Bagheri ha rimarcato che il sostegno alla Palestina è tra i «principali obiettivi» dell'Iran fin dall'inizio della Rivoluzione islamica. Quindi ha affermato che «l'operazione Al-Aqsa Storm (l'attacco lanciato da Hamas il 7 ottobre contro Israele) ha infranto il mito dell'invincibilità del regime sionista e ha reso la Palestina una questione prioritaria nel mondo».

«Senza il sostegno americano - ha aggiunto il generale iraniano - il regime sionista sarebbe crollato».

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