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"Via il reato di razzismo". Ma Salvini e Di Maio frenano subito Fontana

Il ministro: "La legge Mancino è contro gli italiani". Il premier Conte: "Non è priorità"

"Via il reato di razzismo". Ma Salvini e Di Maio frenano subito Fontana

«Abroghiamo la legge Mancino, che in questi anni strani si è trasformata in una sponda normativa usata dai globalisti per ammantare di antifascismo il loro razzismo anti-italiano». Dopo il siluro spedito contro le famiglie arcobaleno nel giorno dell'insediamento, il ministro della famiglia Lorenzo Fontana innesca una nuova polemica incendiaria. Stavolta con un post su Facebook nel quale l'esponente leghista, partendo dall'episodio delle uova tirate contro la discobola Daisy Osakue da un gruppo di ragazzi, uno dei quali figlio di un consigliere del Pd, giunge alla conclusione che di razzismo, in quello e in altri casi, «non ce n'era neanche l'ombra». Premessa dalla quale attaccare poi la legge Mancino, accusata di aver trasformato il razzismo in pretesto, in «arma ideologica dei globalisti e dei suoi schiavi». E, dunque, da abrogare.

Un'affermazione che persino il 3 agosto basta e avanza a rendere tiepido il sole rispetto al calor bianco delle polemiche. Il capogruppo Pd al Senato, Andrea Marcucci, parla di «governo sempre più nero». Il presidente dem Matteo Orfini aggiunge che «a questo governo fascisti e razzisti evidentemente piacciono». Nicola Fratoianni di Leu plaude ironicamente alla «non ipocrisia» del ministro, che «riconosce di essere un fascista», mentre Roberto Speranza ne chiede le dimissioni. Persino lo stesso Nicola Mancino difende la legge che porta il suo nome, ricordando che «l'emergenza esiste ancora», e che «la norma va mantenuta». E così il vicepremier Matteo Salvini pur spiegando di essere «d'accordo», perché «alle idee, anche le più strane, si risponde con le idee, non con le manette», nel merito chiude la porta. E mentre Giorgia Meloni si dice d'accordo con l'addio a una legge che «viola la libertà di espressione», il ministro dell'Interno spiega invece che abrogarla «non è una priorità del governo». E fa appena in tempo, Salvini, ad aggiustare il tiro, per non entrare in contrasto col «gemello» pentastellato Luigi Di Maio. Perché l'altro vicepremier, sempre su Fb, smonta la proposta del ministro Fontana, tagliando corto: «La legge Mancino per me deve rimanere dov'è, le pensioni d'oro invece devono scomparire alla velocità della luce». Scende in campo anche la comunità ebraica, con la presidente nazionale, Noemi Di Segni, che parla di «offesa profonda» per le parole di Fontana e chiede al premier Giuseppe Conte di esprimersi. Così, appunto, arriva anche la precisazione del presidente del Consiglio, che dal suo profilo Facebook dice la sua e prova a chiudere la polemica. «Personalmente - attacca il premier - credo che il rispetto delle idee sia un valore fondamentale di ogni sistema democratico, ma allo stesso modo ritengo che siano sacrosanti gli strumenti legislativi che contrastano la propaganda e l'incitazione alla violenza e qualsiasi forma di discriminazione razziale, etnica e religiosa». Insomma, la questione non è nel contratto di governo, e non è nemmeno tra le priorità, spiega Conte, che non sbugiarda comunque Fontana ma cerca di fare il pompiere: «In questo momento - sottolinea il presidente del consiglio - il governo deve lavorare e impegnarsi su molti fronti caldi: rilancio dell'occupazione, riforme strutturali che consentano la crescita economica e lo sviluppo sociale del Paese. Concentriamoci su questi obiettivi». L'unico vero «fuoco amico» contro Fontana, insomma, arriva da Vincenzo Spadafora, ex portavoce di Di Maio e sottosegretario alle pari opportunità.

Che non solo non aderisce alla proposta di abolire la legge Mancino, e anzi rilancia: «Andrebbe estesa all'omofobia».

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