
Nel caso Garlasco ora è caccia a chi ha (accidentalmente) contaminato il campione genetico prelevato con un tampone orofaringeo a Chiara Poggi, accendendo l'ipotesi di un Ignoto 3 sulla scena del crimine. Quella dell'inquinamento della traccia biologica è la pista imboccata dai periti che conducono l'incidente probatorio ordinato dal gip di Pavia, Daniela Garlaschelli, nell'indagine su Andrea Sempio, amico del fratello della vittima. Quella infinitesimale porzione di Dna del cromosoma Y, cioè maschile, che non ha ancora un nome ma è appunto probabile frutto di una contaminazione, sarà comparato con i profili di alcune persone.
Solo così si potrà capirne l'origine. O almeno questa è la speranza di chi indaga. Dopo che è stata esclusa l'attribuibilità a Alberto Stasi, che sconta una condanna definitiva per l'omicidio della fidanzata, a Sempio e anche ai suoi amici cui erano già stati fatti i tamponi, la direzione indicata dagli esperti è questa: confrontare il campione con i tamponi, già prelevati o ancora da prelevare, di tutti coloro che sono entrati in contatto col cadavere della 26enne. La verifica sul probabile inquinamento del campione, che dovrebbe riguardare una trentina di persone, dovrebbe esulare dal quesito dell'incidente probatorio, che prevede accertamenti irripetibili, e dovrebbe toccare alla Procura di Pavia che indaga su Sempio in una ipotesi di omicidio in concorso con Stasi e con altri.
Per Marzio Capra, genetista ex Ris e oggi consulente della famiglia Poggi, i profili di Dna maschile sui campioni della garza utilizzata durante l'autopsia per prelevare materiale genetico della vittima hanno "origine" da "inquinamento della traccia originaria" ed è "assai verosimile" che si possa trattare di contaminazione da "un cadavere precedentemente sottoposto ad esame autoptico". Lo spiega a Lapresse a proposito dei campioni non ancora attribuiti. In ogni caso "l'esiguità dei campioni (tra i 2 e i 4 picogrammi ciascuno, ossia meno di una unità cellulare) depone per una origine o derivazione da inquinamento della traccia originaria appartenente esclusivamente alla vittima Chiara Poggi" che è "presente con concentrazioni nell'ordine dei 40mila picogrammi". Per il consulente, la contaminazione potrebbe essere avvenuta durante un sopralluogo nella villetta di via Pascoli, durante l'autopsia, il trasporto del cadavere, la fase di "ispezione, maneggiamento e custodia" della stesso. "Si tenga comunque presente che assai verosimilmente si potrebbe anche trattare di un cadavere precedentemente sottoposto a esame autoptico con la partecipazione dello stesso assistente medico legale, con la relativa borsa dei ferri del mestiere" come "pinze, forbici, bisturi, seghetti, filo per sutura, cerotti, ovatta e garze varie". È da considerare poi che un'autopsia non avviene - comunque non totalmente - in ambiente sterile. Intanto la mail con gli ultimi esiti inviata ieri alle parti dal perito incaricato, Denise Albani, dà conto di una ulteriore ripetizione dei test sulla garza. Sarebbero quindi tre su cinque i risultati utili ricavati e anche la replica sulla terza traccia ha restituito un probabile inquinamento. Sulla garza usata in sede di autopsia, e che ha toccato tutte le pareti della bocca della giovane uccisa, sono stati fatti cinque prelievi.
Ecco gli esiti di ieri: uno ha mostrato un aplotipo Y compatibile al 99 per cento con Ernesto Gabriele Ferrari, l'assistente del medico legale, il secondo è in parte sovrapponibile a Ferrari e in parte no (fin qui gli elementi noti), mentre la seconda replica ha restituito anche nel terzo prelievo una traccia mista di Ferrari e dello stesso materiale ignoto. Si tratta di un campione più esiguo e degradato degli altri due e che avvalora che la garza sia stata contaminata prima del prelievo.