Economia

Recovery fund da 750 miliardi. E per l'Italia ce ne sono 172

Di questi, 82 di sussidi e 91 di prestiti. Ma la proposta della Commissione non piace al Nord. Ci sarà da trattare

Recovery fund da 750 miliardi. E per l'Italia ce ne sono 172

Dolce come il miele per i Paesi come l'Italia, gradevole come un mazzo di ortiche per quelli che non vogliono trasformare l'Europa nella Caritas. Ci sarà da battagliare per mandare in porto la proposta di Recovery Fund annunciata ieri dalla Commissione Ue, coraggiosa nella scelta di alzare l'asticella oltre il piano presentato la scorsa settimana da Germania e Francia. I 500 miliardi prospettati dall'asse Merkel-Macron lievitano fino a 750, con mezzo trilione riservato alle sovvenzioni, cioè quattrini a fondo perduto rastrellati con l'emissione di obbligazioni comuni, e la parte residua sotto forma di prestiti. Lo sforzo complessivo per la ripresa sarà da 2.400 miliardi, ha spiegato Ursula von der Leyen al parlamento europeo nel sottolineare che nessuno può farcela da solo. Una somma che comprende i 1.100 miliardi del nuovo bilancio pluriennale (da approvare) e i 540 miliardi delle misure già varate (Mes light, Sure e fondi Bei). In base ai calcoli di Bruxelles, le risorse mobilitate dovrebbero superare i 3.100 miliardi.

Fin dal nome attribuito al fondo, Next Generation Ue, si coglie l'intento di dare una svolta (definita senza precedenti dal commissario economico Paolo Gentiloni) capace non solo di rispondere all'emergenza creata dal Covid-19, ma anche di ridisegnare obiettivi e priorità per rendere il Vecchio continente all'altezza delle sfide future. Le architravi che sorreggono il progetto rimandano alla salute ambientale, alla resilienza e alla capacità di crescita economica sostenuta dalla trasformazione digitale, ma poi ci sono le urgenze immediate cui rispondere, a cominciare dal logoramento del tessuto socio-economico provocato dalla pandemia. Bruxelles prevede di utilizzare come braccio operativo il Recovery and resilience Facility, che avrà il compito di distribuire i 750 miliardi, destinandoli in particolare modo a piccole e medie imprese, ospedali ed enti locali. L'Italia, tra i Paesi più flagellati dal coronavirus, sembra destinata a incamerare la parte più robusta delle nuove risorse. Le prima stime indicano una cifra pari a 172,7 miliardi, di cui 81,8 di aiuti e quasi 91 miliardi come prestiti, contro i circa 140 assegnabili alla Spagna, mentre alla Germania toccherebbero appena 28 miliardi.

I vincoli per poter beneficiare dei fondi non mancano, anche se non appaiono particolarmente stringenti, né rimandano a clausole da commissariamento per mezzo della Troika. I governi dovranno limitarsi a inviare una richiesta in cui vengono dettagliati gli investimenti e le riforme che intendono effettuare. L'Italia dovrebbe, nella sostanza, ottemperare alle linee-guida diffuse la scorsa settimana con cui la Commissione aveva sollecitato interventi nella sanità e dell'educazione e raccomandato lo snellimento di pubblica amministrazione e giustizia.

Ma quali saranno le coperture per ripagare l'emissione di bond, la cui scadenza è prevista tra 2028 e '58? La bozza indica l'intenzione di allargare le maglie del bilancio comunitario al 2% del Pil Ue. Per farlo, e visto che solo la Bce ha il potere di creare moneta, si dovranno imporre nuove tasse. Nel mirino, la plastica monouso, i prodotti inquinanti extra-Ue (carbon border tax), navi e aerei che contribuiscono al gas serra e i giganti tecnologici, soprattutto quelli accusati di eludere il fisco. L'intero ammontare dei fondi dovrebbe essere disponibile a partire dal 2021, ma per l'immediato è previsto uno stanziamento-tampone da 11,5 miliardi.

Sui tempi effettivi di partenza del Next Generation rischia però di pesare come un macigno l'opposizione dei Frugal Four (Austria, Olanda, Danimarca e Svezia), fermamente contrari a concedere pasti gratis. Le posizioni restano distanti e i negoziati saranno lunghi, hanno fatto sapere i Paesi Bassi, convinti di avere il coltello dalla parte del manico. Per il varo del pacchetto occorre infatti l'unanimità.

Mentre il premier Giuseppe Conte ha parlato di ottimo segnale da Bruxelles, Angela Merkel ha subito posto l'accento sul cammino accidentato che attende il fondo: È chiaro che le trattative saranno difficili e non saranno chiuse già al prossimo Consiglio europeo del 17-18 giugno.

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