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Referendum e comunali insieme nell’"election day"

Il 12 giugno le amministrative e i quesiti sulla giustizia. Lo Stato risparmia 200 milioni di euro

Referendum e comunali insieme nell’"election day"

Era successo solo nel 2009 e nel 2020 che si legassero i referendum abrogativi alle elezioni amministrative sperando nell’effetto traino. Precedenti che però non sono stati fortunatissimi. Il consiglio dei ministri ha ufficializzato ieri le date delle Amministrative: domenica 12 giugno il primo turno insieme ai referendum, domenica 26 giugno secondo turno. Sono 970 i comuni al voto, di cui 21 sono i capoluoghi di provincia e 4 quelli di Regione: Genova, Palermo, L’Aquila e Catanzaro. L’articolo 7 del decreto-legge n. 98/2011 che istituì l’election day non comprende il referendum abrogativo: visto che il mancato raggiungimento del quorum può rientrare nella strategia dei contrari al referendum, l’abbinamento con altre consultazioni rischia di influenzarne la validità. Anzi, l’articolo 34 della legge 352/1970 stabilisce un divieto di election day tra referendum abrogativo (ma non quello costituzionale) e le elezioni politiche nazionali. Tuttavia, per contenere i costi la scelta di accorpare referendum e amministrative è stata inevitabile. Al di là delle eventuali convenienze politiche, dietro l’election day c’è, infatti, anche una convenienza economica: per le casse dello Stato accorpare politiche e amministrative significa risparmiare dai 200 ai 400 milioni di euro. Inoltre, la scelta di andare al voto dopo l’8 giugno (giorno di chiusura della maggior parte delle scuole) eviterà agli studenti di perdere giorni di lezione dopo i disagi sofferti durante la pandemia. Non è la prima volta che, di fronte ad un referendum abrogativo, partiti e movimenti sostenitori chiedono un election day.

La motivazione ufficiale è il risparmio. Ma in realtà si punta a sfruttare l’effetto traino delle altre elezioni per tentare di superare il quorum. Obiettivo non facile, che dal 1995 è stato raggiunto solo in una consultazione. Nel 2009, il referendum abrogativo che modificava il Porcellum si svolse il 21 e 22 giugno in concomitanza con il turno di ballottaggio amministrative. La scelta non fu comunque determinante, visto che i quesiti non superarono il quorum. Nel 2020, in piena pandemia, si è votato il 20 e 21 settembre per il referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari, il rinnovo di sette consigli regionali e per le amministrative. Ma si sa, i referendum costituzionali non necessitano di quorum. Questa è una «vittoria» per la Lega che spera di poter raggiungere il 50%. I quesiti sulla giustizia ammessi dalla Corte costituzionale sono cinque: la riforma del Csm, l’abolizione della legge Severino, i limiti agli abusi della custodia cautelare, la separazione delle funzioni dei magistrati e la loro equa valutazione. Lega e Forza Italia chiesero da subito elezioni accorpate. Una strada non facile, visto che in passato solo nel 2009 un referendum abrogativo venne accorpato alle Amministrative (e in quel caso si trattava solo del secondo turno). C’era il caso del 2020, ma quello era un quesito costituzionale.

La decisione del Viminale di scegliere il 12 giugno come election day, sembra fatto apposta per accontentare sia i promotori che gli osteggiatori, ben felici che si aprano le urne una domenica di giugno quando in molti sceglieranno di andare al mare. In effetti, da sempre ci domandiamo: ma perché in Italia non si vota mai in inverno?

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