
Avanti un altro. La leader della Cisl si sfila e boccia i referendum della Cgil. Elly Schlein e Maurizio Landini restano con il cerino in mano e ora provano a buttarla sul fascismo.
A sinistra è iniziata la «grande fuga»: il quorum è lontanissimo. La consultazione di giugno si avvia al flop. E nessuno vuole metterci la faccia. Un bel pezzo del Pd se ne andrà al mare. L'unica arma che rimane in mano a Landini e Schlein è la polemica contro La Russa, la Rai e gli alpini. Una mossa per suscitare una reazione da parte del popolo di sinistra orientato a snobbare le urne.
L'ultima a sfilarsi dal referendum è la segretaria della Cisl Daniela Fumarola: «Non andrò a votare. No, ritengo che lo strumento dei referendum non sia adeguato a risolvere i problemi del lavoro. Il referendum non è lo strumento giusto. Noi siamo per una riforma organica che coinvolga il Parlamento e le forze sociali a partire dall'introduzione dello ius scholae e dell'accesso agevolato alla cittadinanza. Rischiamo che la polarizzazione politica di questa votazione riduca tutto alla logica di tifoseria. Con questi referendum si continua a guardare al futuro con lo specchietto retrovisore, ma il mondo del lavoro è cambiato e servono tutele nuove. Il referendum è sbagliato nel merito e in ogni caso abrogando la disciplina dei licenziamenti sul contratto a tutele crescenti non si torna all'articolo 18 e al diritto al reintegro ma alla riforma Fornero che, tra l'altro, comporterebbe una riduzione dell'indennizzo da 36 a 24 mensilità. Insomma, una battaglia di retroguardia che non intercetta le criticità di oggi: abbiamo il record di occupati, ma resta al palo la capacità di raggiungere alti salari», dice Fumarola al Corriere della Sera.
Non si schiera pancia a terra nemmeno il leader del M5s Giuseppe Conte che lascia libertà di voto agli attivisti: «Io voterò sì ai cinque quesiti. Il M5s ha dato libertà di coscienza perché riteniamo che la strada migliore per affrontare questa problemi sia lo Ius scholae e infatti abbiamo una proposta di legge che prevede l'acquisto della cittadinanza con il compimento di un ciclo scolastico». Uno alla volta scappano tutti. Chi resta al fianco di Landini? Dunque solo Elly Schlein che spera con il referendum di regolare definitivamente i conti nel Pd con l'ala riformista. La segretaria dei democratici nell'intervista a La Stampa si schiera: «La linea del Pd è di pieno appoggio a tutti e cinque i quesiti. Chi nasce o cresce in Italia è italiano: mentre aspettiamo di riuscire ad approvare una legge compiuta, votiamo sì per correggere una norma ingiusta. E, sul lavoro, è importante votare sì per contrastare la precarietà e aumentare la sicurezza». Prevedendo il flop Landini è alla ricerca dell'alibi e accusa la Rai di non fare abbastanza «campagna elettorale» per il sì. La strategia di Schlein è invece di innescare lo scontro con il presidente del Senato Ignazio La Russa: «È una vergogna. Il voto non è solo un diritto ma anche un dovere: affermazioni come la sua tradiscono i principi costituzionali.
Anche se non è una sorpresa: il loro disinteresse per il lavoro, i diritti e la partecipazione è nota. Vorrei sapere se Giorgia Meloni condivide questo appello di La Russa». Sembra il disperato tentativo di accendere lo scontro su un referendum destinato al flop.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.