
In pieno agosto il confronto sulla manovra arroventa i rapporti tra alleati di maggioranza. Per Antonio Tajani la detassazione, per Matteo Salvini la rottamazione, ognuno ha la sua priorità. Se per il Capitano leghista la pace fiscale dev'essere in cima alla lista dei prossimi provvedimenti finanziari, il segretario degli azzurri insiste sulla riduzione delle tasse al ceto medio, come promesso dalla premier, Giorgia Meloni.
Dice al Giornale il vicepremier e ministro degli Esteri, che guida Forza Italia: "La nostra priorità è la riduzione della pressione fiscale, l'Irpef dal 35 al 33% con l' allargamento della base a 60 mila euro. E aumentare i salari con la detassazione di straordinari, festivi e premi di produzione. Per i salari da 7 euro e mezzo l'ora fino a 9 bisogna togliere la parte di contributi a carico del lavoratore. Il motto è: meno tasse, meno tasse, meno tasse".
Il leader della Lega, invece, si preoccupa più delle cartelle esattoriali. "Penso che la rottamazione definitiva non debba essere una priorità della Lega, ma di tutto il governo. Per noi lo è, ne ho parlato col ministro Giorgetti e sono convinto che la portiamo a casa". Il vicepremier e ministro delle Infrastrutture fa un quadro positivo in cui questo provvedimento è possibile. "Abbiamo - dice Salvini- uno spread che si sta avvicinando ai minimi termini, abbiamo raggiunto i francesi, abbiamo un governo stabile, la borsa ai massimi, l'occupazione ai massimi. C'è una situazione economica discreta e dobbiamo osare. La pace fiscale significa liberare milioni di lavoratori italiani da un sequestro di queste cartelle esattoriali che nel frattempo si sono moltiplicate".
Nel centrodestra Tajani e Salvini rappresentano spesso posizioni distanti, che la premier deve mediare, cercando la sintesi che, come ricordano gli azzurri, era la specialità di Silvio Berlusconi.
In Parlamento, dopo la pausa estiva, riprenderà l'esame del disegno di legge della Lega per la quinta rottamazione, che la commissione Finanze del Senato vorrebbe chiudere entro settembre.
Il viceministro delle Finanze di FdI, Maurizio Leo, non si è mai detto contrario, ma ricorda che sulle cartelle sta lavorando una commissione ministeriale e qualsiasi intervento "dovrà inserirsi in un quadro coerente e realistico".
Per il governo, la priorità fiscale è proseguire sulla riduzione delle tasse concentrandosi sul ceto medio, come sostiene Fi. Dopo il taglio del cuneo strutturale e il primo modulo della riforma dell'Irpef, il prossimo passo potrebbe essere proprio la riduzione di 2 punti della seconda aliquota, dal 35% al 33%, allargando lo scaglione fino ai 60mila euro: operazione che costerebbe circa 4 miliardi.
Anche sulle elezioni regionali alle porte i tre partiti di maggioranza devono trovare accordi sui candidati e a volte difficili. In questo momento sembrano ancora in alto mare, come d'altronde nel centrosinistra. Dice Tajani al Giornale: "I primi appuntamenti sono per Marche, Calabria e Val d'Aosta. Per l'ultima c'è il sistema proporzionale e per le altre due l'accordo c'è già, con le riconferme dei presidenti di regione uscenti, Acquaroli di FdI e Roberto Occhiuto di Fi. Per le altre regioni si troverà un'intesa. Fi punta agli elettori scontenti della sinistra, perché con la gestione Schlein non c'è più il centrosinistra. Per conquistare questi orfani lanceremo un'offensiva da settembre, con il manifesto della libertà, che aggiorna le posizioni di Berlusconi del 94". In testa alle sfide difficili c'è la Puglia, dove si potrebbe candidare l'azzurro Mauro D'Attis.
E in Campania e Veneto, De Luca e Zaia devono lasciare per il no al terzo mandato e FdI candiderebbe sotto il Vesuvio Cirielli o Giosi Romano, vicino a Fitto, mentre in Veneto Meloni difficilmente contenderà la poltrona alla Lega. La lista Zaia potrebbe togliere voti a tutti, ma gli consentirebbe di mantenere la golden share sulla regione.