
All'indomani del secondo vertice di maggioranza sulle prossime regionali - conclusosi come il primo con una fumata nera - sembra reggere la consegna del silenzio della scorsa settimana. E di cosa davvero si siano detti Giorgia Meloni, Antonio Tajani, Matteo Salvini e Maurizio Lupi nel doppio round per fare il punto sulle cinque regioni che di qui a fine anno andranno alle urne filtrano solo indicazioni generali o dettagli inutili. Di certo, c'è che un'intesa appare ancora lontana e che il Veneto resta il vero nodo da sciogliere. Sotto un duplice fronte: quello del candidato governatore e quello della Lista Zaia. Sul primo punto, infatti, avanzano legittime pretese sia Meloni che Salvini e ancora non è deciso se sarà di Fdi o della Lega. Sul secondo punto, invece, la premier avrebbe ribadito le sue forti perplessità su una lista autonoma del governatore uscente, così come sull'ipotesi di un richiamo a Zaia nel simbolo della Lega. Quel che è certo è che, forte del suo corposo pacchetto di voti in regione, sarà difficile trovare la quadra senza il placet del Doge. Ragion per cui ai vertici di Fdi c'è chi non si sente di escludere che il punto di caduta possa essere un civico d'area. La partita, però, sembra essere lontana dalla fine. Anzi, è probabile che il nodo non verrà sciolto neanche nel terzo vertice in programma la prossima settimana e che si debba attendere fino alla seconda metà di agosto, magari inizio settembre. D'altra parte, come spiega Lupi, "in alcune regioni come Veneto e Campania si voterà a fine novembre" (l'ultima data utile è domenica 23) e dunque di tempo ce ne è ancora. Volendo anche per testare con sondaggi ad hoc eventuali candidati. Non solo per il Veneto, ma anche per la Campania e - nel caso - per Puglia e Toscana, partite che il centrodestra sono evidentemente a perdere. Diversa la situazione nelle Marche, dove - seppure la candidatura non sia stata formalizzata - l'uscente Francesco Acquaroli (Fdi) ha già di fatto iniziato la campagna elettorale. D'altra parte, si voterà il 28 e 29 settembre e la partita è cruciale. Perdere per il centrodestra significherebbe rischiare seriamente un parziale di 1-4 che potrebbe anche avere qualche contraccolpo a Roma. Una sfida che si è accesa proprio ieri dopo l'avviso di garanzia al candidato del centrosinistra Matteo Ricci per presunte irregolarità in affidi del Comune di Pesaro quando era sindaco della città.
Insomma, l'approccio che sembra voler seguire Meloni è quello di muoversi con prudenza e senza fretta.
Anche perché, comunque finisca la querelle in Veneto, la premier è consapevole del fatto che il partito che ne uscirà insoddisfatto - che sia Fdi o la Lega - avrà bisogno di tempo per far digerire la scelta sia alla dirigenza sul territorio che all'elettorato di riferimento.