C'è un tempo per piantare e un tempo per sradicare le piante, un tempo per demolire e un tempo per costruire. Un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci. Così è scritto nell'Ecclesiaste (3,1-9). Quale sia oggi il tempo dell'Europa è racchiuso nell'angoscia di un'Unione che si ritrova più incerta di prima sul futuro.
Gli effetti della Brexit più che manifestarsi apertamente, serpeggiano; mine inesplose sul cammino della costruzione europea. Sospetti reciproci, paure contrapposte, scatti rabbiosi. Come quelli visti ieri da parte di esponenti tedeschi nei confronti dei leader dei Paesi mediterranei, riuniti dal greco Alexis Tsipras ad Atene in vista dell'Eurogruppo a Bratislava. Sei ore per guardarsi in faccia e concordare una linea comune, considerato che i problemi del Sud non sono quelli del Nord, e soprattutto pare non vengano neppure compresi nella loro effettiva portata, oltre il Danubio. Salvo poi, com'è accaduto con il fenomeno migratorio, sconvolgere assodate certezze teutoniche. La Merkel sconfitta alle recenti elezioni nel suo Land ne sa qualcosa.
Così ieri, di fronte al vertice ateniese cui hanno deciso di partecipare il presidente francese Hollande e il nostro premier Renzi, Berlino è andata su tutte le furie. «Quando i leader socialisti si incontrano, il più delle volte, non esce nulla di intelligente», ha detto sprezzante il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schaeuble. «Il fatto che il presidente Hollande e il premier Renzi stiano consentendo a Tsipras di manipolarli non è un segno di responsabilità», ha tuonato invece Manfred Weber, capogruppo Ppe all'Europarlamento, sicuro che il leader greco stia usando «di nuovo i suoi soliti inganni», mentre dovrebbe solo «iniziare ad attuare le riforme promesse». Considerazioni severe in realtà smentite già dal presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, e dallo stesso Schaeuble: non c'è alcun allarme per i conti greci, hanno dichiarato entrambi, fidando che nel mese di settembre Tsipras si metta in regola attuando le ulteriori privatizzazioni previste.
Quel che preoccupa è però il tono, che lascia sottintendere l'innalzarsi di un muro di sordità e oltracotanza che rischia di peggiorare un clima già difficile, tendendo a difendere solo una situazione di primazia e vantaggio economico. Segnali di questo nervosismo si sono manifestati anche a Bratislava, quando il commissario all'Economia, Pierre Moscovici, è sbottato davanti alla domanda di un cronista sulle pressioni che un ministro avrebbe fatto sulla Commissione per spingerla a essere clemente con Spagna e Portogallo. «Ne ho abbastanza! Basta attacchi alla Commissione, non c'è stata nessuna pressione, la Commissione è un organo politico, non politicizzato».
Incuranti delle rassicurazioni dei leader mediterranei, i sospetti tedeschi colpiscono così anche la Carta di Atene, documento di intenti che ancora una volta reclama l'uscita dalle politiche di ottusa austerità e dalla logica dei cavilli burocratici che «vanno a discapito della solidarietà». «Servono politiche di crescita», ha ribadito Hollande. Renzi insisteva su una Ue che «non può essere solo regole, tecnicismi, finanza e austerity». Ambiti sui quali si gioca la partita delle direttive per le imminenti manovre economiche.
Senza tralasciare, come ricordava ieri il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, che proprio «l'incertezza sul processo di integrazione europea è fra i fattori che trattiene gli investimenti e impedisce una ripresa più forte nell'Eurozona».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.