Politica estera

La reporter Politkovskaja, la spia Litvinenko, il falco Wagner Prigozhin. Quanti omicidi eccellenti

Un copione già visto: nel 2015 sotto il Cremlino ucciso Boris Nemtsov, il principale oppositore

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Un morto in più. Alexei Navalny è uno dei tanti morti eccellenti della vita pubblica russa degli ultimi due decenni. Su pochi di questi decessi si è fatta luce. Nella maggior parte dei casi si tratta di omicidi rimasti insoluti. O di casi per cui le autorità russe hanno detto di aver individuati gli autori, senza peraltro che le indagini abbiano convinto gli osservatori indipendenti.

Alcuni di questi omicidi hanno avuto conseguenze politiche importanti. Come quello di Boris Nemtsov avvenuto con alcuni colpi di pistola il 27 febbraio 2015 intorno alle dieci di sera. Una particolarità dell'omicidio è il luogo: il ponte Bolshoi Moskvoreckij, a pochi passi dalle mura del Cremlino, uno dei luoghi più sorvegliati dell'intera Russia. Nemtsov era stato vicepresidente ai tempi di Eltsin e guidava in quel periodo una coalizione di forze di destra all'opposizione di Putin. Secondo molti osservatori con la scomparsa di Nemtsov fu eliminato quello che allora era l'unico politico che per popolarità poteva rivaleggiare con l'inquilino del Cremlino. Per il fatto furono incriminati cinque persone vicine al proconsole di Putin in Cecenia, Ramzan Kadyrov. Nessuna indagine fu condotta sulle eventuali complicità a livello governativo (scontate, secondo l'opposizione).

Altro omicidio carico di conseguenze fu quello di Sergej Magnitskij, avvocato russo (di origine ucraina) che lavorava per la società di investimenti americana Hermitage, che aveva denunciato la corruzione dell'amministrazione e degli uffici fiscali russi. Arrestato, morì in prigione nel 2006 ufficialmente per infarto (si ritiene sia stato picchiato a morte). Nel suo nome nel 2012 il Congresso Usa approvò il Magnisky Act, con cui si sanzionavano pubblici ufficiali russi. È il documento che ha fatto da riferimento per tutti i provvedimenti sanzionatori venuti dopo.

Un caso internazionale è stato anche l'omicidio di Alexander Litvinenko, ex agente del Fsb e poi dissidente, ucciso a Londra nel 2006 con una dose di polonio. Le indagini inglesi appurarono che ad avvelenare l'ex spia erano stati due connazionali, Andrei Lugovoi and Dmitry Kovtun, con tutta probabilità entrambi funzionari del Fsb. Le autorità russe rifiutano i risultati dell'inchiesta, Lugovoi, uno dei presunti colpevoli, è stato eletto deputato nel partito di Putin.

Un capitolo a parte sono gli omicidi dei giornalisti (secondo alcuni conteggi più di 200 dal 2000 in poi). La vicenda più nota è quello di Anna Politkovskaja, famosa per i suoi reportage dalla Cecenia e per gli articoli critici sulle forze di sicurezza, uccisa il 7 ottobre (giorno del compleanno di Putin) del 2006. Anche in questo caso sono stati condannati cinque esecutori materiali ceceni. Ignoti i mandanti. Altri sei giornalisti del giornale della Politkovskaja, la «Novaia Gazeta» sono stati ammazzati in questi anni. Una di loro è Anastasia Baburova, uccisa con un colpo alla nuca mentre indagava sui rapporti tra neo-nazisti e forze di sicurezza. Con lui fu ucciso un avvocato specializzato in diritti umani, Stanislav Markelov. Di diritti umani si occupava anche Natalja Estemirova, rapita nel 2009 vicino alla sua casa di Grozny in Cecenia. Non se ne è mai più saputo nulla.

Infine l'ultimo caso, solo di pochi mesi fa, è quello di Evgenij Prigozhin, falco della brigata Wagner. Le indagini? Non pervenute.

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