La responsabilità del Carroccio: "Sì al governo del presidente"

Giorgetti apre all'ipotesi: "Salvini ragionerà da statista". Matteo respinge gli ultimatum M5s: piuttosto si rivota

La responsabilità del Carroccio: "Sì al governo del presidente"

Cambia la cornice (palazzo Giustiniani invece del Quirinale), ma non cambia la sostanza del braccio di ferro tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio. È ormai stata ribattezzata la «guerra dei veti» che si gioca non soltanto sulla resistenza nervosa dei due contendenti ma adesso anche sul tempo. Mattarella ha dato al presidente del Senato due giorni di mandato esplorativo. Se queste, però, sono le premesse, il successo dell'impresa è tutt'altro che scontato. I due giorni potrebbero non bastare, almeno secondo Matteo Salvini. Che si mostra estenuato dai veti incrociati tra Di Maio e Berlusconi. «O smettono di dirsi no a vicenda o gli italiani non si meritano di andare avanti un mese in questo modo».

Salvini ha lasciato Roma per Catania, rinunciando al colloquio con la Casellati a causa di impegni già presi in Sicilia. Dalla Casellati sono andati i due capigruppo di Camera e Senato, Giancarlo Giorgetti e Gian Marco Centinaio. Una volta atterrato in Sicilia, però, Salvini ha voluto comunque dire la sua sulla partita che si sta giocando tra Palazzo del Quirinale e Palazzo Giustiniani. «Voglio che gli italiani e il loro voto vengano rispettati - spiega il leader della Lega - e quindi l'unico governo che può nascere è tra prima coalizione e primo partito». Che in fondo è quello che hanno detto Giorgetti e Centinaio alla Casellati. I quali hanno ribadito che il vincolo della coalizione unita di centrodestra è insormontabile. Aggiungendo poi a Porta a Porta che la Lega «è una forza responsabile» e «se dovesse rendersi necessario Salvini si comporterà da statista e valuterà l'ipotesi di un governo del presidente».

Mentre il Carroccio continua a blindare la coalizione di centrodestra e quindi l'accordo con Berlusconi, Salvini offre un suggerimento allo stesso Di Maio: una persona «terza» sarebbe la soluzione più adatta per mettere insieme una squadra che conti sui voti di centrodestra e Cinque Stelle. «Di Maio faccia come me - dice Salvini - Faccia un passo di lato. Il sì non lo direbbe a me, ma agli italiani. Un sì che sottintenderebbe responsabilità e umiltà. Oppure vada pure a dire agli italiani no, io sono io, io sono il sole, o comando io o non succede niente. E avanti con i veti incrociati».

D'altronde non ci sono altri ipotesi possibili. Salvini ha ribadito che non accetterà mai la proposta avanzatagli dallo stesso Berlusconi di un governo con il Pd. Ma è proprio su questo tema che ha buon gioco il leader politico dei Cinque Stelle di rispedire al mittente la questione dei veti. «Salvini mi accusa di porre dei veti e non vedo perché non possa porli su Berlusconi e invece lui può porli sul Partito democratico». Secondo la Lega, comunque, l'unica alleanza di governo stabile sarebbe quella tra il primo partito e la prima coalizione. Le altre non avrebbero in parlamento i numeri sufficienti per lavorare serenamente. «Mi rifiuto - dice Salvini - di guidare un governo chiamato a scelte importanti come cancellare la Fornero, espellere i clandestini, inviare i trattati europei andando a cercare alla Camera e al Senato qualche parlamentare che pur di non mollare la poltrona sia disposto a votare la fiducia di settimana in settimana. Non sarebbe serio».

L'aut

aut della Lega non significa, però, gettare la spugna. È lo stesso Giorgetti a mostrare ottimismo: «C'è ancora una possibilità. Altrimenti non andremmo (con lo stesso Salvini, ndr) al prossimo colloquio con la Casellati».

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