Chi vuole minizzare il rischio, mette da sempre in portafoglio prevalentemente obbligazioni e titoli di stato; oltre a una piccola quantità (10-20%) di azioni. Il suo obiettivo principale è infatti quello di preservare il capitale anche a discapito del rendimento. Per rendere ora questo giardinetto il più impermeabile possibile alla Grexit, la prima mossa da fare è alleggerire al massimo il peso delle azioni (portandolo al 10%), vendendo in primis i titoli della zona euro che rappresentano l'epicentro dell'attuale terremoto finanziario. Per quanto riguarda poi la parte obbligazionaria il consiglio è quella di aumentare (portandola dal 30% al 50%) la quota in valuta estera, privilegiando gli Etf e i fondi monetari in dollari americani, in renminbi cinesi, in franchi svizzeri e in corone norvegesi. Una parte minore può poi essere investita in dollari australiani, dollari canadesi e sterline inglesi. Questo dovrebbe consentire di beneficiare della probabile ulteriore debolezza della moneta unica. In parallelo va alleggerita la parte in Titoli di Stato della zona euro, soprattutto quelli a medio lungo termine (cioè da cinque anni in su) e ridotta la percentuale di bond societari.
Da azzerare inoltre i bond dei Paesi emergenti in valuta locale, mantenendo soltanto quelli espressi i dollari: la volatilità dei mercati tenderà a penalizzare il debito dei Paesi in via di sviluppo, ritenuti meno sicuri mentre quello in dollari beneficerà della forza del biglietto verde. Se la Grexit divenisse effettiva, questo portafoglio potrebbe rivalutarsi di mezzo punto percentuale nei prossimi 3-6 mesi di crisi.
Se, invece, la situazione della Grecia dovesse evolvere in termini tendenzialmente positivi (cioè con una vittoria del «Si» al referendum di domenica e un successivo accordo con i creditori), il portafoglio dovrebbe oscillare intorno alla parità.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.