Reticenze e dubbi: la versione non convince

RomaUna «ricostruzione rigorosa» che non ricostruisce un bel niente. Una cronaca pasticciata e omertosa che finisce con tarallucci che nessuno vuol mangiare e vino che nessuno vuole bere. Nel day after delle manganellate rifilate dagli agenti agli operai dell'Ast di Terni mercoledì a Roma, sul banco degli accusati c'è il ministro dell'Interno Angelino Alfano. Per lui, dopo l'imbarazzato alibi rappattumato mercoledì («è stato un equivoco») è il giorno delle spiegazioni ufficiali. Alfano riferisce a ora di pranzo alla Camera e in serata al Senato su quello che definisce furbescamente «un brutto giorno per tutti». Per tutti, ma soprattutto per lui. Che spiega con piglio cronistico: «Nella mattinata di ieri (mercoledì, ndr) dalle 9 in poi si sono concentrati circa 500 manifestanti dell'Ast davanti all'ambasciata di Germania, nei pressi di piazza Indipendenza. Una parte di loro è stata ricevuta e al termine dell'incontro l'ambasciata ha emesso uno scarno comunicato, che non ha soddisfatto i lavoratori». A questo punto, prosegue il ministro, «c'è stata la richiesta della Fiom di autorizzare un corteo verso il ministero dello Sviluppo economico, che non è stata immediatamente accolta perché presso il ministero erano in corso analoghe iniziative sindacali e quindi c'erano difficoltà logistiche e di gestione dell'ordine pubblico».

Il giallo riguarda l'intenzione di alcuni manifestanti di andare alla stazione Termini, che sarebbe stata la scintilla degli scontri. I manifestanti negano fermamente. Alfano la butta sul sentito dire: «Che alcuni dei manifestanti volessero andare verso la stazione Termini è una voce colta da alcuni funzionari di polizia in servizio a piazza Indipendenza». Da qui «un breve e concitato contatto fisico tra lavoratori e agenti, che ha portato al ferimento di quattro manifestanti e quattro poliziotti». Ci sono passaggi bizzarri nell'informativa alfaniana, che dicono molto più di quanto vorrebbero. Il primo è quello in cui esprime la sua «personale solidarietà ai lavoratori dell'Ast e al personale della polizia di Stato che ieri hanno riportato ferite negli scontri».

Solidarietà agli operai manganellati? Strano, c'è puzza di bruciato. Forse ha preso fuoco la coda di paglia. Altra frase sibillina: «Nessun manifestante è stato denunciato». Un fair play troppo smaccato per non essere sospetto.

Il resto sono frasi di circostanza. Slogan da cioccolatino del ministro democratico. «Il diritto a manifestare è sacro ed è custodito nella teca delle regole ma chi manifesta non deve ledere la libertà degli altri cittadini» (e ci mancherebbe). «Il governo è lontano anni luce dall'idea di manganellare gli operai» (e ci rimancherebbe). Infatti, dimostra cifre alla mano Alfano, «se il governo avesse voluto dare alle forze di polizia una linea di estrema severità e durezza avrebbe avuto 5.934 occasioni per farlo, tante quante sono state le manifestazioni di rilievo svolte nel 2014, nella stragrande maggioranza dei casi in modo assolutamente tranquillo». Ma è il giorno della mano tesa e quindi Alfano propone «alle organizzazioni sindacali di aprire un tavolo permanente per discutere le modalità di governance delle manifestazioni più impegnative dal punto di vista dell'ordine pubblico». Poi, siccome buono sì fesso no, Alfano, chiude evocando le ombre lunghe di un lugubre futuro: «Ci attendono settimane complesse e difficili.

Dobbiamo evitare

che questo difficile momento di crisi economica possa essere scintilla involontaria di conflitti e tensioni che rischierebbero di innescare pericolose derive». Non si sa mai. Meglio mettere le mani (e i manganelli) avanti.

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