Il ritorno di Zelensky nella tana di Donald. "Cedere territori per noi impossibile"

L'ucraino di nuovo nello Studio Ovale. "I negoziati inizino dalla linea del fronte"

Il ritorno di Zelensky nella tana di Donald. "Cedere territori per noi impossibile"
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Al netto delle evidenti sfumature e del gioco delle parti, i media di Kiev e Mosca sono concordi nell'affermare che i rinforzi chiamati a raccolta da Zelensky per la trasferta di Washington diventeranno il deterrente per evitare brutte figure. Il presidente ucraino torna nello Studio Ovale, 171 giorni dopo la lite con Trump davanti alle telecamere di tutto il mondo. Il 28 febbraio sul tavolo del tycoon c'era l'accordo sulle terre rare, arenatosi dopo venti minuti di botta e risposta senza filtri. Uno scontro senza precedenti nella storia della diplomazia, a partire dal luogo in cui era avvenuto, la Casa Bianca. Oggi invece si discuterà di terre più preziose che rare, quelle che Putin rivendica per congelare o addirittura chiudere il conflitto, ma che Zelensky, invocando la Costituzione, non ha alcuna intenzione di cedere al nemico. Trump dovrebbe vestire i panni del mediatore, anche se il condizionale è d'obbligo quando si parla del tycoon, mentre i leader europei peroreranno la causa di un'Ucraina integra, a distanza di sicurezza dallo sciovinismo dello zar di Mosca. Con il trascorrere delle ore stanno emergendo le modalità del summit: Trump dovrebbe vedere prima Zelensky, e dopo il faccia a faccia allargare l'incontro ai leader europei che lo accompagneranno.

Ieri Zelensky si è recato a Bruxelles, accolto dalla von der Leyen, per discutere gli ultimi dettagli della missione negli Usa. Al termine dell'incontro ha fatto riferimento alle richieste di Putin per fermare le ostilità (in primis Donbass e Crimea): "Se l'elenco è lungo come abbiamo sentito, ci vorrà un po' di tempo per esaminarlo da cima a fondo. Questo non può essere fatto sotto la pressione delle armi. È quindi necessario cercare un cessate il fuoco e lavorare rapidamente per un accordo definitivo. Abbiamo bisogno di negoziati reali che possano iniziare dove si trova ora la linea del fronte". Poi ha proseguito ricordando che "la linea di contatto è la migliore per i negoziati, e gli europei la sostengono. La Russia non ha ancora raggiunto il successo nella regione di Donetsk. Putin non è riuscito a impadronirsene per 12 anni. E la Costituzione dell'Ucraina proibisce di rinunciare ai suoi territori". A meno che non venga istituito un referendum, ipotesi controversa fatta circolare dal capo dell'ufficio presidenziale Yermak, ma sparita dopo pochi giorni dai media di Kiev.

Riguardo la possibilità di affrontare i temi scottanti in un trilaterale con Trump e Putin, Zelensky ha fatto presente che Mosca "non ha ancora dato segnali che un incontro di questo tipo avrà luogo. Se la Russia rifiuta, dovrebbero seguire nuove sanzioni. È importante che l'America accetti di lavorare con l'Europa per fornire garanzie di sicurezza all'Ucraina. Ed è fondamentale che l'Europa rimanga unita come lo era nel 2022".

Alla von der Leyen il presidente ucraino ha chiesto ancora una volta di valutare un rapido ingresso di Kiev nell'Ue, anche se i recenti casi di corruzione e tangenti hanno raffreddato gli entusiasmi di Bruxelles. Resta intatto invece l'impegno al sostegno militare, soprattutto perché Putin continua a ordinare ai suoi generali di avanzare su territori ucraini che non fanno parte dei possibili accordi. Ieri le truppe di Gerasimov hanno aperto un nuovo fronte nel Dnipropetrovsk, e se Zelensky vuole salvare il salvabile sarà costretto a fare concessioni, a meno che si concretizzi il "piano B" prospettato da Trump, che prevede la fornitura immediata di armi a lungo raggio.

"Gli Stati Uniti sono pronti a partecipare alle garanzie di sicurezza per l'Ucraina, si tratterebbe di una decisione storica. Garanzie che devono essere sviluppate con la partecipazione dell'Europa", ha spiegato Zelensky in serata.

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