
Suo nonno e omonimo inventò di fatto il commercio filatelico in Italia. Lui, Alberto Bolaffi, è stato l'esponente della terza generazione della famiglia che per tanti italiani ha ancora il suono polveroso e affidabile del collezionismo alla portata di tutti, l'antitesi della vita contemporanea fatta di frenetici scroll e di stupidi reel.
Alberto Bolaffi, cavaliere del lavoro, titolo a cui teneva molto, è morto ieri all'età di 89 anni a Torino. Lo ha annunciato con un comunicato la stessa società di cui era presidente onorario e che parla di "immenso dolore". Alla guida dell'azienda dagli anni Sessanta (ma era entrato nel 1955) fino al 2012, quando passò il testimone al figlio Giulio Filippo, Alberto, ha dato durante il suo lungo regno un contributo fondamentale allo sviluppo dell'azienda, adeguandola ai cambiamenti dei costumi e del mercato. Tra le sue innovazioni, l'inaugurazione dei primi negozi del marchio oltre a quello storico di Torino (Milano nel 1964, Roma nel 1967), l'apertura a nuove forme di collezionismo, come l'arte, i vini, i gioielli, le automobili, i gioielli, e la nascita nel 1990 del Collectors Club, dedicato alle vendite online e in grado di fidelizzare una consistente clientela.
Chiodo fisso di Alberto era togliere dall'idea di collezionismo quella patina di esclusività che ha sempre avuto, come fosse un'attività destinata soltanto alle persone facoltose o fissate. Bolaffi ha sempre puntato, oltre che su una nicchia di grandi appassionati, su un popolo di piccoli acquirenti di francobolli di poco valore che però trovano nella raccolta uno strumento di conoscenza e formazione personale, addirittura di educazione.
L'azienda Bolaffi nacque nel 1890 su idea di Alberto senior, che prima vendeva biciclette inglesi ma poi decise che era maturo il tempo per il commercio di francobolli, di cui si era appassionato. Allorà già esisteva l'abitudine di raccogliere i francobolli, oggetti di uso molto più comune di oggi, ma in Italia la filatelia era una disciplina immatura, che non attirava grandi investimenti ed era considerata poco più di un giochino. Al punto che si narra che nonno Alberto dovette rinviare di due anni il suo matrimonio con Vittoria Foa per l'incapacità della famiglia di lei di accettare l'attività del futuro genero, considerata non in grado di garantire un degno standard di vita alla coppia.
Naturalmente il futuro si incaricò di smentire i suoceri di Alberto Bolaffi, che si trovò per le mani un'azienda autorebvole e florida. Poi fu il figlio Giulio, considerato uno dei più grandi filatelici della storia italiana, a consolidare il lavoro del padre e ad affiancare all'attività commerciale quella editoriale, pubblicando cataloghi considerati delle bibbie dei diversi settori, riviste e pubblicazioni varie. A Giulio si deve anche l'affinamento dei criteri di catalogazione e quotazione dei francobolli grazie all'introduzione di parametri qualitativi che ne considerano lo stato di conservazione ed enfatizzando molto il ruolo "narrativo" dei francobolli come strumenti in grado di celebrare il progresso dell'umanità, i grandi uomini e le grandi imprese. Alberto senior e Giulio furono immortalati assieme in un francobollo italiano del 1991. Il fondatore fu ritratto nel 2010 anche in un francobollo francese. Chapeau.
Oggi Bolaffi è una società per azioni moderna, con un rete commerciale diffusa, un canale tv, una casa d'aste, lingotti da investimento e un e-shop in cui si può acquistare da un sacco da mezzo chilo di francobolli misti "su frammento" (ovvero usati), dallo scarso valore commerciale ma
fonte di grande divertimento per i più giovani o i meno esperti, fino al Gronchi Rosa (che costa 950 euro) e ai pezzi ancora più rari e preziosi, come il primo francobollo del Regno d'Italia del 1962 (prezzo 5.700 euro).