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La Russa: "Garofani lasci". Poi frena, stupore al Colle

Il presidente del Senato: "Se fosse di destra sarebbe già appeso a un palo". Il chiarimento: "Caso chiuso"

La Russa: "Garofani lasci". Poi frena, stupore al Colle
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Eppure Giorgia dal Sudafrica era stata chiarissima. "Ho incontrato il presidente della Repubblica e abbiamo risolto tutto, per me il caso è chiuso. Non ne parliamo più". Insomma basta, questa la linea dettata dalla Meloni, lasciamo stare il Colle. Ecco, non passano 24 ore che già Ignazio La Russa torna sull'argomento. "Francesco Saverio Garofani è il segretario del Consiglio di Difesa. Dopo le sue valutazioni a ruota libera durante una cena, è meglio che lasci il suo ruolo. Fosse di destra, oggi sarebbe appeso a un palo". Gelo. Stupore nei palazzi.

A parlare infatti non è un passante o un semplice parlamentare, è il presidente del Senato, la seconda carica della Repubblica, e la testa del consigliere delle "quattro chiacchiere con amici" non l'aveva pretesa nemmeno la premier nel suo faccia a faccia con il capo dello Stato. Allarme rosso, panico, urge una correzione, prima che lo scontro istituzionale si riaccenda. Così, a fine mattinata, La Russa ammorbidisce. "Ho detto in maniera forse troppo sincera che Garofani potrebbe essere imbarazzato a svolgere il suo incarico. Ma non tocca a me a chiedere le sue dimissioni e nemmeno l'ho fatto".

Chissà se la precisazione sarà sufficiente. La ferita tra Quirinale e Palazzo Chigi, al termine di una settimana travagliata e di un difficile intervento diplomatico, si è rimarginata a fatica e ancora sanguina un po'. Adesso le parole, sia pur corrette, pronunciate dal presidente del Senato durante l'evento Italia direzione nord alla Triennale di Milano, non aiutano la causa, anzi riportano a galla i motivi della contesa. "Si parla di un consigliere che in un ambiente di tifosi, a ruota libera, si è lasciato andare improvvidamente a tutta una serie di valutazioni sul governo, su Meloni". Per carità, aggiunge, ognuno può pensarla come crede su qualsiasi argomento.

Però il contesto conta, come pure il fatto di rappresentare istituzioni pubbliche importanti. Dunque, si tratta di una questione di opportunità. "Non si può certo addossare la colpa al presidente, ma una critica al consigliere è assolutamente legittima, soprattutto se gli è stata domandata una smentita e lui ha risposto che si trattava di chiacchiere da bar". Conclusione, "si tratta di un desiderio personale", però se Garofani, ex parlamentare del Pd, "fosse stato uno di destra, oggi lo vedremmo appeso ai lampioni di qualche città o cattolicamente crocifisso". No, non ci e andato giù leggero. Al punto che più tardi, con una nota di Palazzo Madama, ha provato ad aggiustare il tiro. "Spiace che aver risposto a una domanda possa pensare di far riaprire un caso che pure io ritengo chiuso". Del resto, spiega, "fin dal primo minuto ho espresso personalmente piena solidarietà al presidente Mattarella", la cui figura, dice, "va preservata" da qualunque speculazione politica. Di più: evitiamo tensioni non necessarie. Al Quirinale silenzio da era glaciale. Nessuna replica verbale o scritta, nemmeno ufficiosa, soltanto reazioni fisiognomiche: sopraccigli alzati ad arco, mani aperte, spallucce. Ma c'è sbigottitimento. Si pensava che l'incidente fosse archiviato, dopo il comunicato dei capogruppo FdI e le frasi di Meloni da Johannesburg. Invece. La domanda è: qual è la posizione finale di Fratelli d'Italia sul tema? Certo, La Russa non è nuovo a esternazioni sopra le righe e non è un tipo che osservi la disciplina di partito. Tuttavia è pur sempre la seconda carica dello Stato.

Non sarà, ci si interroga, che questa ambiguità di fondo sia voluta e faccia parte di un tentativo di mantenere alta la pressione con il capo dello Stato? Magari un gioco dei ruoli, tipo poliziotto buono e poliziotto cattivo?

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