Il capo della diplomazia Europea in teoria si chiama Federica Mogherini. Ma solo in teoria. Se di mezzo ci sono il presidente francese Francois Hollande, la Cancelliera tedesca Angela Merkel e una cena dell'«amico» Matteo Renzi con Obama allora la parola del presunto «capo» può trasformarsi in quella d'un irrilevante due di picche. E dopo la sbugiardata piovutale addosso ieri deve averlo capito pure la povera Mogherini. Non più tardi di lunedì il «capo» della diplomazia europea s'era presa la briga di smentire gli organi di stampa colpevoli, a suo dire, di aver preannunciato la discussione di nuove sanzioni contro la Russia. Sanzioni da discutere durante il Consiglio Europeo, il summit dei capi di governo della Ue svoltosi tra ieri e oggi a Bruxelles. «Non esistono proposte avanzate da alcun Stato membro - aveva assicurato l'Alto Commissario - la vicenda è all'ordine del giorno sulla stampa, ma non nella nostra agenda. In nessuna delle riunioni qualche Stato membro ha avanzato la questione». Ma alla prova dei fatti la verità si è rivelata esattamente opposta.
La bozza di conclusioni del Consiglio Europeo, distribuita ieri ai 28 capi di stato chiamati a rivedere i rapporti con la Russia, prevede infatti che l'Ue, vista la situazione in Siria, «consideri tutte le opzioni, incluse ulteriori misure restrittive contro soggetti ed entità che sostengono il regime». Certo la parola Russia non è scritta nero su bianco, ma per comprendere quale misterioso stato si celi dietro «i soggetti e le entità che appoggiano il regime siriano» non serve grande fantasia. E non serve troppa fantasia neppure per comprendere i motivi e le tempistiche della modifica. Il cambiamento in corso d'opera, con conseguente sconfessione della Mogherini, sono arrivate a sole 48 ore dalla cena di Renzi con Obama e a 24 ore da un tesissimo incontro in quel di Berlino tra Hollande, Merkel e Vladimir Putin. Un incontro in cui il duo franco-tedesco ha continuato ad accusare Putin di «crimini di guerra». E ha minacciato il presidente russo di nuove sanzioni nonostante la sua offerta di estendere, per quanto possibile, l'interruzione dei bombardamenti sulle zone di Aleppo Est controllate dai ribelli alqaedisti di Al Nusra. Ma per introdurre la parola sanzioni nella bozza era essenziale mettere la sordina a Matteo Renzi e all'Italia, principali destinatari e vittime di eventuali ritorsioni russe. E a quello c'aveva pensato martedì sera il presidente Obama.
Così a sbugiardare la Mogherini e a confermare l'intransigenza europea dettata da Francia e Germania s'è potuto aggiungere ieri persino il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk, puntualissimo nel ricordare che «se i crimini dovessero continuare, l'Ue dovrà tenere aperte tutte le opzioni, incluse le sanzioni». Insomma l'Europa, fedele alle indicazioni impartite da Obama, si prepara non solo a mantenere in vigore le sanzioni già varate nel 2014 dopo la crisi Ucraina, ma ad aggiungerne di nuove. Le nuove misure - la cui approvazione è rinviata a data da destinarsi - prevedono in sostanza l'ampliamento degli elenchi di esponenti del Cremlino messi al bando dal suolo europeo. L'aspetto più paradossale in questa nuova fase di scontro con Mosca è tuttavia il ruolo giocato dall'Inghilterra. Ieri Theresa May, premier di un'Inghilterra pronta a dire addio all'Ue, è stata la più dura nello sferzare i partner europei istigandoli ad una contrapposizione sempre più decisa con Mosca.
«È vitale - ha detto - che continuiamo a lavorare assieme per continuare a tenere sotto pressione la Russia e per fermare le sue atrocità in Siria». Un invito tanto facile quanto privo di controindicazioni. Soprattutto per un Regno Unito che andandosene dall'Europa non sperimenterà, a differenza dell'Italia, le conseguenze delle inevitabili ritorsioni russe.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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