La telefonata tra Salvini e Di Maio? «Lunga e cordiale». Il clima nella maggioranza? Ovviamente «molto positivo», il che permette il raggiungimento di una «intesa soddisfacente». Quale, nessuno ancora lo sa. Ma poco importa.
Il «governo del cambiamento», come si è auto-denominato, usa lo stesso linguaggio e le stesse liturgie della Prima Repubblica nei suoi momenti più paludosi, quelli in cui le correnti democristiane si accoltellavano alle spalle, conducendo nell'ombra furiose lotte di potere, ma in pubblico si scambiavano flautate dichiarazioni di amicizia. E alla fine sancivano l'intesa cedendo ognuno qualcosa all'altro: la Lega vuole lo Sblocca-cantieri, con più eccezioni possibile alle regole sugli appalti? I grillini chiedono in cambio il Salva-Roma che serve soprattutto a salvare la disastrata giunta Raggi. E sul piatto c'è anche un possibile rimpasto, qualche posto in più per tentare Salvini e convincerlo a restare.
Così i due vicepremier, dopo aver passato settimane a scambiarsi furiose randellate e drastici ultimatum, ieri hanno gioiosamente cinguettato al telefono, dicendosi che non val la pena di far saltare una così utile e produttivo governo per qualche piccolo dissidio. L'iniziativa, all'indomani del patetico Sos lanciato lunedì dal premier, è partita da Di Maio («Chiamo io o chiama lei?». Ha chiamato lui), che del resto è quello più atterrito dalla possibile crisi, che probabilmente segnerebbe la sua dipartita dalla scena politica italiana. Senza contare che i Cinque stelle hanno il fondato timore di venire decimati da un voto anticipato, e di perdere per sempre il governo. Ergo, la Casaleggio ha ordinato di rappattumare con la Lega: «io al governo ci tengo e voglio che vada avanti», ha giurato Di Maio al Colle, dove si è recato ieri per testimoniare che ce la sta mettendo tutta.
Gigino ha telefonato ieri mattina a Salvini per dare la disponibilità grillina a venire incontro alle pretese degli alleati sullo Sblocca-cantieri e sul discusso Codice degli appalti. Il capo leghista vorrebbe sospenderlo per un paio d'anni, i grillini no, i due si dicono: «Sospendiamolo ma solo un po'». I Cinque stelle si piegano sui cantieri, in cambio la Lega si piega sul Salva-Roma all'interno del decreto crescita, e Conte può iniziare a sperare di mangiare il panettone. Tra l'altro, di qui alla prossima primavera ci sono ben 200 nomine, in aziende partecipate e posti di potere, da varare. Posti che fanno molta gola alla Lega. E i grillini sono pronti a promettere a Salvini che, se non fa saltare tutto ora, potrà scegliersi i bocconi più prelibati, in meritato riconoscimento del successo alle Europee.
Pace fatta, dunque? Mica tanto: il povero Conte non fa in tempo ad esultare dal Vietnam, dove si è rifugiato («Il ritorno al dialogo è una buona premessa per procedere nella giusta direzione»), che tutto torna in alto mare. In commissione al Senato, dove il dl Sblocca-cantieri è bloccato da mesi, le opposizioni chiedono di conoscere il testo dell'emendamento comune annunciato dalla maggioranza. Ma il testo non esiste, anzi il viceministro leghista Garavaglia replica stizzito al Pd Dario Stefano che ne chiede notizia: «L'emendamento non riguarda le coperture, quindi non riguarda la commissione Bilancio». Forse verrà partorito in tempo per l'aula, oggi.
Intanto, come in un film dei Fratelli Marx, Lega e Cinque stelle giurano di avere l'accordo e poi ricominciano a dire cose opposte: «Con il nuovo testo verranno sospesi diversi punti del Codice appalti», assicurano i primi. «Con il nuovo testo non verrà sospeso nulla», garantiscono gli altri. E la giostra del governo gira su se stessa.
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