Ci è servito, ce lo siamo goduto, ci ha scaldato quando più ne avevamo bisogno. A tratti ci è anche convenuto. Ma adesso basta, il gioco non vale più la fiammella. E quindi arrivederci, anzi, addio. O meglio ancora dasvidania. Consiglio Ue e Parlamento europeo hanno deciso: basta importazioni di gas russo, l'Europa sarà energeticamente indipendente. Non sarà immediato e ci saranno ostacoli, soprattutto dalle parti di Budapest e Bratislava, ma la linea è tracciata e indietro non si torna. "Dobbiamo far sì che la guerra costi per Putin", ha detto Ursula von der Leyen. E finanziare indirettamente lo Zar con l'acquisto del suo gas mentre fioccano sanzioni e accuse e vendette e ritorsioni, non era certo il più brillante dei piani. E allora basta. Più o meno.
L'eliminazione delle importazioni di gas naturale russo, che dovrà essere approvato sia dal Parlamento sia dal Consiglio europeo, sarà giuridicamente vincolante anche se graduale con il divieto totale che scatterà tra la fine del 2026 e l'autunno del 2027. Con lo scopo, tra l'altro, di realizzare un mercato energetico indipendente dell'Ue. Che di Putin, evidentemente, non ci si può fidare nemmeno a conflitto, si spera presto, finito. "Finalmente, e per sempre, stiamo chiudendo il rubinetto del gas russo. Non torneremo mai più alla nostra pericolosa dipendenza dalla Russia", ha detto il commissario europeo per l'Energia Dan Jørgensen. Parla invece di "momento storico per l'Europa" la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola che aggiunge: "Ecco come salvaguardare il futuro energetico dell'Europa e come si manifesta il vero sostegno all'Ucraina". "Oggi entriamo nell'era della piena indipendenza energetica dell'Europa dalla Russia - esulta ancora von der Leyen - Stiamo esaurendo il tesoro di Putin". Una notizia che non poteva che essere presa male, malissimo dalle parti del Cremlino. Umiliati e offesi in stile Dostoevskij e infuriati in pieno stile Putin. "La rinuncia della Ue al gas russo accelererà solo il processo già in atto negli ultimi anni di perdita del potenziale di leadership dell'economia europea", attacca il portavoce dello Zar Dmitry Peskov. "L'Europa dipenderà da un gas che costa di più, e a volte molto di più. In questo modo l'Europa si condanna a fonti di energia molto più costose, il che inevitabilmente porterà a conseguenze per l'economia europea e a una diminuzione della competitività dell'Europa". Più che preoccuparsi del portafoglio degli stati del Vecchio Continente, Peskov, evidentemente, si preoccupa del suo. Con la chiusura dei rubinetti già iniziata nell'ultimo anno, il gettito da vendita di gas e petrolio per le casse russe è crollato del 33,8% nel mese di novembre rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. 530,9 miliardi di rubli contro gli 801,7 miliardi dell'anno precedente, con un secco -21,4% solo negli ultimi 10 mesi. A certificarlo è la Tass, l'agenzia di stato russa, non esattamente un media pro Bruxelles.
Tutto bene, tutto bello ma non per tutti. L'Ungheria di Orbán (che ha da poco incassato una deroga di un anno da Trump per l'acquisto di petrolio e gas da Mosca) e la Slovacchia di Fico si confermano spine nel fianco per l'unanimità europea. Il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjartó attacca: "Non appena avrà luogo il voto finale su questa decisione a Bruxelles, la impugneremo immediatamente dinanzi alla Corte di giustizia dell'Ue. Abbiamo già iniziato il necessario lavoro giuridico", ha detto, arrivando a parlare di "frode" e "dittatura di Bruxelles". Stessa posizione presa dalla Slovacchia che per voce del primo ministro Fico. "Si stanno prendendo decisioni ideologiche, che ci danneggiano enormemente. Voteremo nuovamente contro". Per quanto riguarda il nostro Paese, la Lega parla di "accordo rischioso" ma le conseguenze dovrebbe essere molto limitate.
Prima della guerra, il gas russo rappresentava circa il 40% delle importazioni italiane ma dal 2023 i flussi si sono ridotti quasi a zero, meno del 5% del totale. E allora basta, tanti saluti. Grazie di tutto ma dasvidania.