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Scalata a Mediobanca. Indagati Caltagirone, Milleri e Lovaglio: ostacolo alla vigilanza

I pm milanesi ipotizzano anche l'aggiotaggio. Perquisizione della GdF nella sede del Monte

Scalata a Mediobanca. Indagati Caltagirone, Milleri e Lovaglio: ostacolo alla vigilanza
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Parte a Borse aperte l'offensiva della Procura della Repubblica di Milano avviata ieri sulla più importante operazione di risiko bancario avvenuta sotto il governo di centrodestra: l'operazione che ha consentito al Monte dei Paschi di Siena di prendere il controllo di Mediobanca e attraverso di essa delle Assicurazioni Generali. Nel mirino, almeno per ora, non ci sono uomini del governo o dello Stato ma i tre uomini di vertice delle istituzioni private protagoniste dell'operazione. Una pattuglia del reparto speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza fa irruzione a Mps, consegna un avviso di garanzia all'amministratore delegato Luigi Lovaglio, gli perquisisce l'ufficio: ipotesi di reato, aggiotaggio e ostacolo ai controlli degli organi di vigilanza. Nelle stesse ore le stesse accuse scattano per Francesco Gaetano Caltagirone e per il presidente di EssiLux Francesco Milleri, sospettati dalla Procura di avere conosciuto fin dall'inizio i piani e di essersi accordati per partecipare alla scalata, acquistando nel novembre 2024 una partecipazione del 3,5 per cento a testa in Mps, ceduta dal ministero dell'Economia e delle Finanze, con l'obiettivo finale di prendere il controllo di Generali. Nel registro degli indagati finiscono anche le due società: il Gruppo Caltagirone e la Delfin, la holding - anch'essa guidata da Milleri - che detiene il controllo di EssiLux e delle altre attività del gruppo fondato da Leonardo Del Vecchio.

Che la Procura guidata da Marcello Viola avesse acceso un faro sulla vicenda Mps-Mediobanca era noto da tempo, anche perché sul tavolo dei pm milanesi nei mesi scorsi erano piovuti esposti consegnati personalmente da Stefano Vincenzi, consigliere legale di Alberto Nagel. Ma l'attenzione dei pm era sembrata restare senza conseguenze concrete, al punto che si era parlato anche di una possibile archiviazione. Invece ora si scopre che già nel giugno scorso Lovaglio, Caltagirone e Milleri erano stati iscritti nel registro degli indagati. Per cinque mesi, la GdF ha lavorato sotto traccia, ricostruendo nei dettagli la genesi e l'iter dell'operazione (e casualmente il mese scorso sul telefono di Caltagirone viene scoperto un trojan, un captatore informatico). Ieri, poche ore dopo che un articolo di Dagospia aveva sollevato degli interrogativi sulla sorte dell'inchiesta, scatta l'attività che rivela l'iscrizione dei tre big nel registro degli indagati. Di fatto, l'iniziativa riapre fragorosamente la stagione delle inchieste milanesi sulle grandi operazioni bancarie e finanziarie, a partire dal caso Antonveneta.

A firmare gli avvisi di garanzia sono il procuratore aggiunto Roberto Pellicano, capo del pool reati finanziari, e i pm Luca Gaglio e Giovanni Polizzi. A Caltagirone e Milleri, secondo quanto è stato possibile apprendere, verrebbe contestato in particolare di avere stretto una sorta di accordo occulto, in violazione delle norme sui patti parasociali, per entrare in Mps prima ancora che della scalata del gruppo senese alle Generali si iniziasse a parlare ufficialmente. A fare ipotizzare un accordo tra i due ci sarebbero una serie di coincidenze intorno all'accelerated bookbuilding (la procedura) con cui il ministro Giancarlo Giorgetti mise sul mercato il 15% di Mps. Oltre a acquisire in contemporanea lo stesso pacchetto del 3,5% di Mps, Caltagirone e Delfin crescono successivamente fino a quasi il 10% e votano entrambi a favore dell'attacco al fortino di Mediobanca. L'intera operazione, secondo l'ipotesi dei pm milanesi, è stata realizzata influenzando con una serie di acquisizioni l'andamento sul mercato dei titoli di Mps e aggirando le norme che avrebbero imposto la segnalazione oltre che a Consob anche alla Bce e a Ivass, l'organismo di vigilanza sulle assicurazioni.

Una attenzione particolare gli inquirenti la starebbero dedicando anche alle modalità, da loro considerate anomale, con cui Mps lanciò la sua Ops (Offerta pubblica di scambio) nel gennaio scorso, indicando nella soglia di successo dell'offerta una quota solo del 35% di Mediobanca, lontana sia dal pacchetto di controllo che dal risultato finale più che doppio, oltre l'86%. E nel faro della Procura c'è anche l'ipotesi che Caltagirone e Delfin abbiano potuto mettere a frutto informazioni riservate provenienti da ambienti istituzionali. Queste le ipotesi dei pm.

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