L'Onu è un carrozzone mangia soldi, che raramente riesca a fermare una guerra, ma spesso viene travolto da scandali colossali e riesce a nominare nella sua ragnatela di agenzie o commissioni rappresentanti di paesi che violano platealmente gli stessi principi cardine delle Nazioni Unite.
L'aspetto più paradossale è che l'Italia è sempre stata fra i primi dieci paesi finanziatori del baraccone internazionale con oltre 100 milioni di dollari l'anno. Il bilancio ufficiale dell'Onu è di 5,6 miliardi, ma quello reale è ben più alto a causa della pletora di costole ed agenzie con strutture autonome. Il numero dei dipendenti è un mezzo mistero, ma a seconda delle categorie varierebbe fra 44mila e 58mila persone.
Le 14 missioni di pace dell'Onu in giro per il mondo costano 6,7 miliardi di dollari. Al contributo annuale dell'Italia bisogna aggiungere circa 28 milioni per il finanziamento di queste operazioni. Attualmente i nostri caschi blu sono impegnati in quattro missioni Onu. La più importante e costosa è quella in Libano con un migliaio di uomini. Peccato che quando israeliani ed Hezbollah cominciano a spararsi addosso i caschi blu si sono sempre tappati nei bunker senza riuscire a fermare la guerra.
Le altre missioni italiane si svolgono con pochi uomini in Mali e nelle inutili e datate presenze a Cipro dal 1974 e fra India e Pakistan dal 1959.
L' «esercito» sotto la bandiera Onu conta ben 110mila caschi blu. In Siria non sono mai riusciti a mettere piede, ma forse è meglio così. Per la Libia l'Alto rappresentante delle Nazioni Unite, Ghassan Salamé, riesce a strappare una tregua fra le milizie, ma da sette anni il Paese è nel caos. Lo stesso Salamé ha il quartier generale a Tunisi e preferisce fermarsi il meno possibile a Tripoli considerata poco sicura. In Congo, una delle più possenti e disastrose missioni dell'Onu, i caschi blu sono stati pizzicati ripetutamente per violenze sessuali e contrabbando di oro. In Bosnia, negli anni Novanta, non sono stati capaci di fermare la guerra o salvare Sarajevo. In compenso si sono fatti prendere in ostaggio dai serbi, che hanno compiuto il massacro di Srebrenica sotto il loro naso. Il tanto osannato Kofi Annan, l'ex segretario generale dell'Onu scomparso di recente, quando si occupava del terribile conflitto etnico in Ruanda non ha fatto abbastanza per fermare il genocidio.
Un altro scabroso capitolo dell'Onu sono gli scandali che scoppiano ad intermittenza. Il più famoso è la colossale operazione Oil for food, petrolio iracheno in cambio di cibo e medicine per il popolo sotto il tallone di Saddam Hussein e delle sanzioni dell'Onu. Peccato che il meccanismo sia diventato un gigantesco mangia mangia, grazie alla collusione di pezzi grossi del Palazzo di Vetro. Secondo uno studio americano la grande truffa ha generato 10,1 miliardi di mazzette distribuite in tutto il mondo anche a politici influenti.
Il capitolo più esilarante della saga dell'Onu è la scelta di impresentabili in posti delicati, grazie allo stesso sistema farraginoso e desueto deciso dalle Nazioni Unite. In giugno il segretario generale, António Guterres, ha ammesso che non poteva fare nulla per la nomina della Siria alla presidenza della Conferenza sul disarmo, che si occupa di armi chimiche.
Lo scorso anno i sauditi sono entrati nella Commissione Onu sullo status delle donne per l'uguaglianza di genere. Hillel Neuer, direttore di Un watch, una Ong che controlla l'operato del palazzo di Vetro ha dichiarato: «È come mettere un piromane a capo dei pompieri della città. È assurdo».
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