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Sciopero, la Cisl frena: "Servono risposte chiare ma non c'è fretta"

Il segretario: "Con Cgil e Uil ci rivedremo presto per fisco, pensioni e lavoro. Nulla è già deciso"

Sciopero, la Cisl frena: "Servono risposte chiare ma non c'è fretta"

Luigi Sbarra, leader della Cisl: avete ritrovato come sindacati l'unità nell'opposizione alla legge delega sul fisco. Si contesta il metodo usato dal governo che non coinvolge le parti sociali nelle decisioni. Crede sia un tratto distintivo di questo esecutivo?

«Spero proprio di no. Mettere da parte il dialogo sociale sarebbe un grave errore. Non solo rallenterebbe il percorso delle necessarie riforme economiche, ma metterebbe a rischio la coesione sociale di cui il nostro paese ha enorme bisogno in questa fase difficile e complicata. Bisogna ridare vigore al confronto sui temi dell'agenda sviluppo. L'autosufficienza dei governi produce riforme instabili e divisioni nella società».

Eppure la presenza della premier al congresso della Cgil sembra indicare la volontà di un dialogo sociale.

«La premier ha fatto bene ad andare al congresso della Cgil. Le sue parole sull'importanza del confronto con il sindacato e i corpi intermedi sono apprezzabili. Speriamo siano il preludio per rafforzare il filo di un dialogo che, sui vari dossier, nei mesi si è oggettivamente indebolito. Bisogna riprendere le redini dei tavoli sulla riforma pensionistica e sulla sicurezza sul lavoro. Rilanciare le interlocuzioni su governance del Pnrr, crediti incagliati, delega fiscale, modifica del reddito di cittadinanza, autonomia differenziata e sostegno alla non autosufficienza. Ancora: va fatto partire il confronto su politiche del lavoro e Mezzogiorno. Il confronto non può esaurirsi in una semplice informativa».

La ritrovata unità con Cgil e Uil è solo per il metodo? Landini parla già di sciopero.

«Ci incontreremo la prossima settimana. Decideremo insieme forme, modalità, intensità di un'eventuale mobilitazione unitaria. Ogni altra considerazione impegna solo chi la fa, la fretta è sempre cattiva consigliera. Di certo c'è l'obiettivo: ottenere risposte chiare del governo sulle nostre proposte in materia di fisco, pensioni, sicurezza sul lavoro, sanità pubblica, non autosufficienza, rinnovi dei contratti pubblici».

Nella delega sul fisco, cosa vi lascia più perplessi?

«Siamo contrari a soluzioni che riducono la progressività del sistema fiscale e che non rispondono adeguatamente a un principio di forte redistribuzione a sostegno delle fasce medie e popolari. Bisogna partire da questo riferimento, mettendo al centro lavoratori e pensionati, che sono quelli che pagano fino all'ultimo centesimo di tasse. Coprendo anche il buco di 100 miliardi prodotto ogni anno dall'evasione».

L'obiettivo della flat tax vi convince? Come renderlo compatibile con la progressività?

«La flat tax produce una riallocazione della ricchezza dal basso all'alto, invertendo il principio di solidarietà. Quello che serve, anche per rilanciare l'economia, è rendere più pesanti le buste paga e le pensioni di chi sta peggio. Chiediamo l'incremento del taglio del cuneo nella parte lavoro e la piena indicizzazione delle pensioni, bisogna elevare la no tax area e azzerare il peso fiscale sulla contrattazione di secondo livello a favore anche dei lavoratori pubblici. Va elevata la zona franca per i fringe-benefit contrattati e aumentato il prelievo sulle rendite finanziarie. Ci sono da restituire a lavoratori e pensionati le risorse drenate dal fiscal drag e da rilanciare la lotta contro l'evasione fiscale e contributiva».

Con Elly Schlein il salario minimo è tornato al centro del confronto politico e sindacale. Quale è la vostra opinione?

«Noi siamo per un salario minimo agganciato saldamente ai riferimenti contrattuali. Il quantum non deve essere definito da una legge ma dall'estensione, settore per settore, del trattamento economico complessivo dei contratti più diffusi. Per procedere non serve una legge sulla rappresentanza: si prendano i dati già in possesso dell'Inps e si faccia l'erga omnes. Se c'è la volontà politica si può fare in brevissimo tempo. È la contrattazione la via da seguire, come giustamente indica anche l'Europa. Salari fissati per legge produrrebbero toppe peggiori del buco: si rischierebbe di alimentare il sommerso e di indurre tante imprese a uscire dai contratti nazionali, attestandosi al minimo legale. Con il risultato di un generale schiacciamento delle retribuzioni medie».

Eppure volete una legge sulla partecipazione dei lavoratori per attuare l'articolo 46 della Costituzione. È un terreno aggregante?

«A breve partiremo con la raccolta firme su un testo completo, solido, sostenibile e immediatamente applicabile sul coinvolgimento dei lavoratori alla gestione, ai risultati e alla organizzazione delle aziende. La partecipazione è la più grande riforma istituzionale verso una piena democrazia sociale, cosa di cui abbiamo enormemente bisogno per raccogliere le sfide di un'economia in transizione. È una battaglia storica per la Cisl.

La strada che abbiamo scelto non è quella di una imposizione legislativa, ma di un forte sostegno alla contrattazione con leve promozionali e incentivi di natura fiscale, nella convinzione che la partecipazione è possibile solo se passa dalle buone relazioni industriali».

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