Tre giorni di visita a Pechino con un obiettivo dichiarato poco realistico (far svolgere alla Cina un ruolo per arrivare alla pace in Ucraina) e uno meno sbandierato ma di sostanza: evitare che Cina ed Europa finiscano col separarsi in modo irreversibile in economia e non solo. Ursula von der Leyen a nome dell'Europa e il presidente francese Emmanuel Macron incontrano il monarca rosso Xi Jinping in una fase cruciale delle relazioni internazionali: quella in cui un Vladimir Putin in difficoltà nella sua guerra imperialistica si aggrappa a un alleato ben più forte di lui, e che dimostra di essere il vero leader del tentativo russo-cinese, ormai in corso, di sovvertimento dell'attuale ordine globale a guida americana.
I due leader venuti dall'Europa giocano una partita complessa, ai limiti della scommessa azzardata. Pretendere di far svolgere un ruolo credibile a Xi per arrivare a una pace giusta in Ucraina è un pio desiderio: è fin troppo chiaro che il leader cinese sta dalla parte di Mosca. Il «piano di pace per l'Ucraina» di Xi è inconciliabile con la realtà dell'Occidente: pretende come Putin che l'Europa separi i propri destini dagli Stati Uniti e dalla loro «visione da guerra fredda» (che è in realtà il cardine della politica internazionale del partito comunista cinese) e non si sogna di condannare l'aggressione russa all'Ucraina indipendente. Come questo si concili con il presunto rispetto cinese della Carta delle Nazioni Unite, è un mistero cui gli europei si sforzano (o fingono) di voler credere.
Tra l'Europa e la Cina ci sono, soprattutto, gli Stati Uniti. Quelli che minacciano Pechino, se varcherà la linea rossa della fornitura di armi a Putin, di sanzioni economiche cui gli europei non vorrebbero aderire: troppo forti sono gli interessi commerciali che ne verrebbero danneggiati. Il problema è che distinguere tra relazioni euro-cinesi solo economiche e solo geopolitiche è sempre meno realistico. Xi ha suoi evidenti piani di egemonia globale, all'interno dei quali i rapporti anche economici con gli europei vengono piegati a una logica (che è proprio quella della guerra fredda vista da Pechino) anti americana: da qui il tentativo di separare le due rive dell'Atlantico, facendo un favore anche al suo alleato russo. Per salvare i propri interessi soprattutto economici con la Cina con cui abbiamo un interscambio gigantesco - gli europei devono muoversi con la cautela necessaria a non urtare quelli, in parte divergenti, del super alleato americano. E qui si ritorna al senso della visita di von der Leyen e Macron a Pechino. I due leader europei ritengono di avere carte forti da giocare con Xi. Anzitutto, come ha ricordato la presidente della Commissione europea, quel trattato commerciale tra Bruxelles e Pechino che «non è più attuale»; poi il peso dell'approccio cinese alla «guerra atroce e illegale» portata da Putin in Ucraina, che è stato fatto capire avrà un peso in future trattative. Macron, in particolare, dimostra una fede tenace nella possibilità di convincere Xi ad allentare la «ferrea alleanza» con Putin: il presidente francese, arrivato a Pechino, ha detto che «Europa e Cina non devono separarsi». Dà credito alla dichiarata intenzione cinese di rispettare i principi onusiani della sovranità e dell'integrità territoriale degli Stati per attribuirle d'intesa con gli europei un ruolo credibile di pacificatore. Ma è piuttosto trasparente l'intento di Macron di salvare così i rapporti economici con Pechino, e in questo c'è anche un aspetto ambiguo.
Quanto a Xi, la sua priorità è inserire un cuneo tra europei e americani.
Cercherà di allettare soprattutto Francia e Germania dal punto di vista commerciale per indurle a rifiutare l'idea americana di sanzioni alla Cina. E questa sarà una messa alla prova sia dell'unità europea sia, a cascata, della tenuta dell'alleanza atlantica.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.