La scossa di Mattarella e Draghi: "Difesa in ritardo"

Il capo dello Stato avverte: "Nessun dorma". L'ex premier: "Coi dazi siamo arrivati a un punto di rottura"

La scossa di Mattarella e Draghi: "Difesa in ritardo"
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E insomma, qui adesso dobbiamo darci una smossa. Subito. Eccoli allora in coppia, a Coimbra, nel convento seicentesco di Sao Francisco, mentre cercano di praticare un elettrochoc, anzi due, all'Europa in crisi. «La Ue è in ritardo sulla difesa comune, occorre organizzarsi con urgenza. Nessun dorma, stare fermi non è più un'opzione», dice Sergio Mattarella. «Con i dazi siamo arrivati a un punto di rottura - avverte Mario Draghi - e con l'addio al Wto l'ordine multilaterale è stato minato in modo difficilmente reversibile». Che fare? «Svegliarsi e spingere verso una maggiore unità», sostiene il presidente. Per l'ex premier «serve un accordo con gli Usa, ma sapendo che nulla sarà come prima».

Lo stesso aereo, lo stesso senso di allarme, le stesse parole o quasi in due discorsi fotocopia pronunciati al simposio Cotec con i capi di Stato di Italia, Spagna e Portogallo. E se Super Mario la vede più nera, perché «la frammentazione politica e la crescita debole ha reso più complicata la risposta europea» alla guerra commerciale americana, Mattarella vede vaghi barlumi di speranza. «La Ue non è sotto vuoto, la sua forza storica sta nella capacità di adattamento». Però occorre aprire gli occhi. «Abbiamo appena sentito la Turandot di Puccini e il Nessun dorma può applicarsi all'Unione. Le ritrosie sull'integrazione sono ingiustificate. L'immobilismo è dannoso».

Guerre, dazi, crisi economiche. Comunque vada a finire, spiegano i due presidenti, i rapporti con Washington non torneranno più come negli ultimi ottant'anni. Quindi bisogna pensare a fare da sé, perché la crescita economica dipenderà soltanto da noi, dalla capacità da uscire dalla burocrazia e dal criterio di unanimità. Così come non si può più rimandare la creazione di un esercito comune perché la minaccia di Mosca non finirà. La situazione, sintetizza il presidente, «é grave». Draghi, incaricato dalla von der Leyen di risollevare la crescita, parla di una debolezza strutturale, di politiche di bilancio restrittive, di calo di investimenti pubblici. «La situazione si stava deteriorando già da diversi anni anche prima del recente innalzamento delle tariffe». Ora sta montando il problema della difesa, con l'urgenza di rastrellare altri soldi. «La Ue ha riformato le regole fiscali attivando la clausola di salvaguardia in questo settore, ma solo 5 dei 17 Paesi dell'area euro hanno optato per un aggiustamento prolungato». Serve più coraggio. «Quando il debito è già elevato, l'esenzione dalle regole di bilancio può arrivare fino a un certo punto». Come si fa allora a mettere d'accordo la sicurezza con i conti pubblici? Il professore vede solo una strada possibile, «l'emissione di debito comune». Poi certo, toccherebbe occuparsi pure dell'energia. «I prezzi elevati e le carenze di rete sono una minaccia alla sopravvivenza della nostra industria, un ostacolo alla competitività e un onere insostenibile per le famiglie». Altro che decarbonizzazione, dice, qui dobbiamo mettere il pranzo con la cena. «Come siamo finiti nelle mani dei consumatori statunitensi?», si chiede. «Occorre aprire nuove rotte commerciali, ma realisticamente non possiamo diversificare dagli Usa nel breve periodo, le speranze di aprire al mondo temo saranno deluse».

Conclusione: se davvero l'Europa intende «ridurre la sua dipendenza dagli States» per la difesa e la crescita, dovrà produrle da sola. E Mattarella é d'accordo. «Se restiamo fermi rischiamo un arretramento delle condizioni materiali del benessere e un allentamento dalla frontiera tecnologica». Possiamo sperare? Sì, speriamo.

«È una sfida impegnativa tuttavia abbiamo buone ragioni di ottimismo, le nostre solide fondamenta». E le elenca: «Economia libera di mercato, stato di diritto ancorato alla democrazia, banche centrali indipendenti, politiche di redistribuzione e solidarietà».

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