Ma sì, basta con questa scuola sempre uguale a se stessa. È ora di cambiare, è ora di cogliere le straordinarie opportunità che la rivoluzione digitale ci offre. E allora basta con gli studenti seduti sui banchi, basta con maestre e professori in cattedra, basta maneggiare carta e penna, basta con gli orari di entrata e di uscita. Che poi, diciamo la verità, accompagnare i figli a scuola è una gran seccatura...
Dev'essere stato sulla spinta di riflessioni simili che l'architetto Giulio Ceppi, membro del comitato scientifico istituito dal ministro dell'Istruzione Lucia Azzolina, ha lanciato la simpatica idea di «scuola ibrida». Pensavate che la didattica a distanza fosse solo un modo per salvare il salvabile nell'era del Coronavirus? Vi sbagliavate. Ciò che noi ingenui, retrogradi conservatori consideravamo provvisorio, la Azzolina e i suoi illuminati consiglieri sembrano ritenerlo definitivo. Il professor Ceppi l'ha messa così: «Stiamo lavorando su un modello molto più ibrido, che adesso seguirà ancora la forzatura che il Covid ci impone, ma che nel tempo diventerà una modalità permanente». Ceppi parla di «spazi nuovi», di «patti di comunità», di «didattiche alternative». Concetti misteriosi. Leggere la trascrizione della sua intervista a Radio Popolare e presentare un'interrogazione parlamentare al ministro è stato un tutt'uno. Davvero si intende stravolgere i canoni di tempo e di spazio della scuola pubblica italiana? È ammissibile che a «svelare» tale orientamento sia un tecnico e non il ministro? E il Parlamento che ci sta a fare?
Non è questa la sede per citare gli innumerevoli studi internazionali sull'impatto del digitale sugli studenti, sui danni dovuti alla sempre più scarsa dimestichezza con la scrittura a mano, sull'importanza di un luogo fisico chiamato scuola: un luogo a parte, con le sue regole e le sue autorità. Certo è che non esiste un solo studio che dimostri l'utilità della tecnologia digitale nei processi di apprendimento. Ne esistono molti, invece, che dimostrano il contrario.
Occorre vigilare, dunque, occorre ponderare bene pro e contro di ogni innovazione. La tecnica non è neutrale e il potere di condizionamento culturale ed economico dei giganti del web è colossale.
Viene, perciò, da prendere sul serio l'allarme lanciato dal filosofo Giorgio Agamben sul rischio che la pandemia venga usata come «pretesto per la diffusione sempre più pervasiva delle tecnologie digitali». Viene, di conseguenza, da chiedere al ministro dell'Istruzione di presentarsi al più presto in Parlamento per spiegare al Paese cosa diavolo intenda per «scuola ibrida».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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