Guerra in Ucraina

Se il papà di Djokovic fa il tifo per lo zar Putin

Si fa fotografare con i filo-russi dopo la vittoria di Novak

Se il papà di Djokovic fa il tifo per lo zar Putin

La famiglia Djokovic non ha mai paura di avere ragione. Lo fa sul campo da tennis Novak, che si appresta a Melbourne a vincere il suo ventiduesimo Slam per dimostrare ad australiani e giornalisti che chi lo critica non sa quello che dice. Ma soprattutto ci pensa sempre il padre Srdjan, che come missione ha quella di mettersi al centro dell'uragano, quasi fosse uno sport professionistico (è stato, invece uno sciatore). L'ultima prodezza è stata appunto in Australia, dopo che il figlio campione aveva appena steso il russo Rublev nei quarti di finale, in un match già disturbato da alcuni sostenitori ucraini. Alla fine, per risposta, un gruppo di fan russi fuori dalla Rod Laver Arena - tra i quali uno con la famigerata «Z» sulla maglietta - si sono messi a manifestare brandendo una bandiera con l'effigie di Putin. Cosa espressamente (e ovviamente) vietata da Tennis Australia, in un momento in cui la guerra condiziona la presenza di russi e bielorussi nei vari tornei (a Melbourne tre degli otto semifinalisti dei tabelloni maschili e femminili hanno giocato senza bandiera). Insomma: sarebbe stato meglio non immischiarsi, ma Srdjian - visto che la Serbia e Mosca sono molto amici - si è unito alla compagnia, facendosi scattare foto per poi gridare «lunga vita ai russi» prima di andarsene. Così, oltre ad aver buttato fuori il gruppetto, gli australiani hanno subito espresso tutto il loro disappunto, mentre l'ambasciata ucraina a Canberra ha definito la scena «vergognosa».

Si attendono scuse, dunque, che non arriveranno mai: Srdjan, che con la moglie Diana ha avuto il pregio di tirar su Novak e il fratello Marko tra le bombe della guerra in Jugoslavia, è d'altronde un habituè. L'anno scorso, quando il numero uno del mondo fu espulso dal Paese perché non vaccinato, disse che era stato colpito da «50 proiettili nel petto». E in passato, oltre a prendersela anche con Wimbledon, a proposito del fatto che contro Djokovic c'è spesso il tifo contro, ha ribattuto che il tennis «è uno sport per ricchi invidioso di chi arriva da un Paesino povero e vince». Sarebbe Novak, che giusto l'altro giorno ha litigato con la stampa stupita dalla sue partite a senso unico: «Se dico io che sono infortunato, nessuno mi crede». Sarà perché, secondo Srdjan, lui è «lo Spartacus del nuovo mondo che non tollera l'ingiustizia, il colonialismo e l'ipocrisia».

Le guerre, purtroppo, suo padre sì.

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