Non solo guadagnano di meno rispetto agli uomini, ma quando si tratta di comprare, sono costrette a spendere molto di più. Non è più solo un'impressione. Ormai è una certezza messa nero su bianco dagli sudi di settore: i prodotti dedicati al sesso femminile hanno un prezzo molto più elevato rispetto alla loro versione maschile. E non di poco. Una discriminazione che parte fin dall'infanzia, che vale anche sui giocattoli: se sono per bambine, costano di più. A parità di marca, il monopattino rosa costa venti euro in più rispetto a quello rosso unisex. Ecco, sarà che dici shopping e pensi a lei, che se è giù di morale cosa c'è di meglio che comprare, comprare, comprare, che è da sempre un tic del tutto femminile tanto da scrivere trattati e manuali tra il serio e l'ironico sull'argomento. Ma ora è un dato di fatto che su questo le aziende ci stanno lucrando. Il New York City Deparment of Consumer Affairs ha condotto uno studio di genere sulle differenze di prezzo tra un prodotto per maschi e uno per femmine. Nell'indagine chiamata: «Dalla culla al bastone della vecchiaia: il costo di essere una consumatrice», gli scienziati hanno preso in esame 90 aziende e messo a confronto 800 prodotti che esistono sia nella versione maschile che in quella femminile. L'obiettivo era quello di analizzare quanto «costa» in più essere donne rispetto all'essere uomini. Già nel '94, da una ricerca condotta dallo Stato della California emergeva che il gentil sesso pagava annualmente, a parità di servizi ricevuti, una «gender tax» corrispondente all'incirca a un migliaio di dollari. La ricerca ha preso in esame prodotti «equivalenti» e i risultati dell'indagine sono chiari: a tutte le età le donne pagano più.Il Dca ha dunque cercato di capire se ci fossero delle differenze nel processo di fabbricazione o negli ingredienti usati, ma nella maggior parte dei casi la risposta è stata negativa. L'hanno soprannominata «tassa rosa» ma altro non è che l'ennesima operazione di marketing per far guadagnare più soldi alle aziende di beni e servizi, facendo leva su un unico fattore: la predisposizione delle donne a spendere di più su determinate cose. Solo così si spiega infatti il perché uno shampoo per donna costi quasi il doppio rispetto ad uno per uomo, quando l'unica variante rimane solo ed unicamente la fragranza, o perché ogni volta che lei entra dal parrucchiere ne usce con in media 100 euro in meno, quando tocca a lui se la cava con 20. Secondo la DCA il picco nelle differenze di prezzo si ha per gli articoli dell'età pre-adolescenziale, dopo la quale il divario si fa meno evidente, tranne per i prodotti per la cura personale: in questo settore, le donne pagano in media, nel corso della loro vita, il 7% in più gli stessi prodotti acquistati dagli uomini. Il settore maggiormente coinvolto nell'applicazione della tassa rosa infatti sarebbe quello che riguarda i supermercati, dove tutti quei beni di uso quotidiano - come bagnoschiuma, shampoo, rasoi e cosmetici vari - raddoppiano il proprio valore nel momento in cui viene apposta l'immagine di una donna sulla confezione.
Una discriminazione che secondo alcuni si spiegherebbe partendo dal presupposto che i prodotti femminili vengano considerati dal marketing una versione speciale, più personalizzata e quindi più costosa. Ecco, non resta che accontentarsi di questa spiegazione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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