Quanta ipocrisia e quanta irresponsabilità da parte di coloro che oggi si illudono di poter combattere e sconfiggere il terrorismo islamico negando che esso s'ispiri direttamente all'islam, che è l'applicazione letterale e integrale di ciò che Allah ha prescritto nel Corano e ciò che ha detto e ha fatto Maometto. Due casi di questi ultimi giorni ci fanno comprendere come pur in presenza di una catastrofe nazionale e internazionale la paura di dire la verità sull'islam accomuna musulmani e cristiani, Oriente e Occidente.
Ieri il Parlamento tunisino ha approvato una nuova legge contro il terrorismo che reintroduce la pena di morte, che persino l'odiatissimo dittatore laico Ben Ali aveva escluso nel 2003. Ebbene si è rasentata persino la comicità quando nel dibattito in aula, i parlamentari contrari alla pena di morte hanno sostenuto che si favorirebbero i terroristi perché la loro massima aspirazione è il «martirio», che pertanto la pena capitale non solo non rappresenterebbe un deterrente o una sanzione ma addirittura un incentivo al terrorismo islamico suicida. Intendiamoci: è vero, ma il punto è che nessuno ha osato spingersi oltre, spiegando che il «martirio» è pienamente legittimato da Allah nel Corano: «Allah ha comprato dai credenti le loro vite e i loro beni dando in cambio il Paradiso, poiché combattono sul sentiero di Allah, uccidono e sono uccisi» (9,111). «E non chiamare morti coloro che sono stati uccisi sulla via di Dio, anzi, vivi sono, nutriti di Grazia presso il Signore!» (3, 169).
Così come, mentre da un lato la nuova legge condanna l'apostasia e l'incitamento all'odio come «crimini terroristici», ci si è ben guardati dall'indicare che le basi religiose sono contenute nel Corano: «Combattete coloro che non credono in Allah e nell'Ultimo Giorno, che non vietano quello che Allah e il Suo Messaggero hanno vietato, e quelli, tra la gente della Scrittura, che non scelgono la religione della verità, finché non versino umilmente il tributo e siano soggiogati» (9, 29). «La ricompensa di coloro che fanno la guerra ad Allah e al Suo Messaggero e che seminano la corruzione sulla terra è che siano uccisi o crocifissi» (5, 33).
Spostandoci in quest'Europa relativista e filo-islamica, ha fatto scalpore il discorso tenuto dal primo ministro britannico a Birmingham il 20 luglio, contro «l'estremismo», senza qualificarlo, senza mai usare l'espressione «terrorismo islamico». Cameron distingue tra l'islam e la «ideologia radicale». Solo dopo aver detto che «questa ideologia non è il vero islam», Cameron si spinge ad affermare che «negare il collegamento tra la religione dell'islam e gli estremisti non funziona, perché questi ultimi si auto-identificano come musulmani».
Possiamo consolarci dicendo che Cameron ha fatto un passo in avanti, considerando che in passato lui stesso aveva sostenuto che i terroristi islamici non hanno nulla a che fare con l'islam.
Ma se anche noi, in quest'Europa che è stata culla della libertà e della democrazia, siamo sopraffatti dalle medesime paure dei musulmani che vivono in paesi dove regna il terrore di una religione violenta e vendicativa, significa che siamo destinati ad essere sconfitti dai taglialingue islamici, i sedicenti «musulmani moderati» che hanno messo radici dentro casa nostra e ci impongono di non dire e di non fare nulla che possa urtare la loro suscettibilità. Oggi più che mai tocchiamo con mano come il destino dell'unica civiltà che esalta la vita, la dignità e la libertà sarà determinato dalla nostra capacità o meno di dire la verità sull'islam.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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