In Italia si è costretti a scegliere tra mantenere il proprio lavoro o avere un figlio. Un genitore su tre si licenzia perché non riesce a seguire la crescita e l'educazione dei figli.
È un dato inaccettabile e drammatico che rivela la totale inadeguatezza e indifferenza delle nostre istituzioni. La politica non fa che lanciare inutili grida sul calo demografico e la crescita zero ma in concreto negli ultimi vent'anni non uno dei governi che si sono succeduti ha preso iniziative serie per sostenere la natalità. Totalmente assente un seria politica di sostegno alla famiglia che preveda l'incremento dei nidi e degli asili, sgravi fiscali e detrazioni per le spese per l'educazione.
La perdita del proprio impiego per dimissioni o risoluzioni consensuali riguarda nella maggioranza dei casi le donne ma aumenta anche il numero dei papà che compiono questa difficile scelta.
Dunque il 36 per cento delle persone che lasciano il posto di lavoro lo fa per incompatibilità fra i propri impegni di lavoro e le esigenze di cura dei figli. Sono i risultati dell'analisi dell'Unione europea delle cooperative (Uecoop) su dati dell'Ispettorato del lavoro.
Nel 2018 sono esattamente 49.451 i genitori che per l'impossibilità di conciliare le esigenze del lavoro e dei figli hanno lasciato il posto, ovvero un più 24 per cento rispetto ai 39.738 del 2017. In prevalenza madri lavoratrici certo ma sono in crescita pure gli abbandoni dei lavoratori padri, pari a 13.488, ovvero il 27 per cento del totale.
L'età dei lavoratori che lasciano è compresa tra i 32 e i 44 anni con un'anzianità di servizio tra i 3 e 10 anni. La stragrande maggioranza il 59 per cento, lascia subito dopo la nascita del primo figlio. Un fenomeno che colpisce in particolare le regioni del nord.
Uecoop elenca le difficoltà che mandano in tilt una coppia dove entrambi lavorano dopo la nascita di un figlio: ritmi quotidiani impossibili, impegni non conciliabili, mancanza di tempo extra lavorativo e incertezza sul futuro allargano l'area dei bisogni delle famiglie. Molte coppie, il 27 per cento, non hanno l'aiuto dei nonni o comunque di parenti di supporto. Incidono negativamente anche i costi di assistenza al neonato: asilo nido e baby sitter (7%) o per il mancato accoglimento dei figli al nido (2%).
Una recente ricerca di Cittadinanza attiva ha messo in luce come i nidi e gli asili siano assolutamente insufficienti in molte aree del nostro paese. In media solo un bambino su cinque riesce a trovare posto in un asilo nido e la spesa media mensile è di 303 euro. Le diseguaglianze fra regione e regione sono altissime sia per i costi sia per la disponibilità dei posti. In Campania, ad esempio, soltanto tre bimbi su 50 riescono a frequentare il nido. In Trentino Alto Adige la retta più alta, 472 euro in media; quella più bassa in Molise, 169. Nel settore del welfare dunque anche i nidi non fanno eccezione: mancano e sono costosi.
Uecoop segnala come il welfare privato intervenga a integrare quello pubblico grazie ad accordi aziendali.
Nei primi 4 posti tra i servizi più richiesti dai lavoratori alle aziende ci sono proprio quelli che riguardano la scuola e l'istruzione dei figli (79%), la salute (78%), l'assistenza (78%) e la previdenza (77%). E sulla difficoltà di conciliare carriera e figli molto dice anche il dato sulle donne che hanno scalato i vertici aziendali: nel 57 per cento dei casi non hanno figli.
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