Al Senato con il pallottoliere: il governo ha 9 voti di scarto

Margine ridotto al minimo: senza la fronda Pd non ci sono i numeri né per le riforme né per la scuola. Mauro ufficializza l'addio alla maggioranza. Nasce il gruppo Fitto

Al Senato con il pallottoliere: il governo ha 9 voti di scarto

Non si tornerà ai tempi di Romano Prodi, quando nel 2006 la maggioranza al Senato si reggeva su due soli voti di vantaggio e poi neanche su quelli, con il decisivo apporto dei senatori a vita fino alla rovinosa caduta del Professore, sfiduciato nel gennaio 2008 proprio nell'aula di Palazzo Madama. Un paragone di certo troppo azzardato, anche perché Matteo Renzi continua a conservare nove senatori di vantaggio. Numeri, però, destinati a far ballare non poco una maggioranza che a Palazzo Madama dovrà scontrarsi non solo con l'opposizione, ma pure con la fronda dem . Che su due temi chiave come le riforme istituzionali e il ddl scuola minaccia fuoco e fiamme. Insomma, al netto del fatto che la minoranza interna al Pd ci ha ormai abituato a grandi sfuriate a parole poi sempre puntualmente rientrate in sede di voto, non c'è dubbio sul fatto che nei prossimi mesi tutti gli occhi saranno puntati sul Senato.

Non è un caso che proprio ieri Mario Mauro abbia annunciato in pompa magna l'uscita dalla maggioranza dei suoi Popolari per l'Italia. Tre senatori tre (oltre a Mauro, Salvatore Di Maggio e Angela D'Onghia), di cui due peraltro hanno già votato in molte occasioni contro il governo mentre il terzo - il sottosegretario all'Istruzione D'Onghia - smentisce Mauro e invece che lasciare la maggioranza saluta i Popolari. Eppure la notizia rimbalza su siti e agenzie con grande rilevanza, segno che la tenuta numerica a Palazzo Madama è ormai per Renzi un nervo scoperto.

Il pallottoliere, insomma, non si è mosso, con nove voti di margine. Anzi, pare che Renzi abbia accolto con soddisfazione l'uscita dei Popolari per l'Italia visto che adesso potrà ridiscutere gli equilibri nelle commissioni parlamentari. Di Maggio, per esempio, siede in commissione Istruzione dove si sta discutendo il delicato ddl sulla scuola. Detto questo, al netto dei mal di pancia interni al Pd e di un Ncd sempre più vicino a spaccarsi in due, nove voti sono davvero poca cosa.

Al Senato, insomma, il governo è destinato a ballare e, forse, alla fine l'unico vero elemento di stabilità sarà il timore delle elezioni anticipate. Perché è chiaro che se il governo va sotto con il voto contrario di un pezzo del Pd o di Ncd si va dritti alle urne senza passare dal via.

Che la situazione a Palazzo Madama sia critica lo sa bene anche Silvio Berlusconi, tanto che Renato Brunetta ieri evocava un vero e proprio «Vietnam parlamentare per Renzi». Non a caso pare che l'ex premier stia sondando i senatori scontenti di Ncd per capire che intenzioni hanno e magari rimpolpare le file dell'opposizione.

Il leader azzurro, però, deve fare i conti con la fronda di Raffaele Fitto che proprio ieri ha ufficializzato la nascita a Palazzo Madama del gruppo “Conservatori e riformisti”, formato da 12 fuoriusciti da Forza Italia. Un primo passo, spiega l'eurodeputato pugliese, che ha già annunciato a breve la nascita di un gruppo autonomo anche alla Camera. E chissà se anche Denis Verdini seguirà la stessa strada.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica