"Senza la mia legge sarebbero dentro"

Il ministro sull'inchiesta di Milano: "Abbiamo rafforzato la presunzione d'innocenza"

"Senza la mia legge sarebbero dentro"
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Se le opposizioni sono sul piede di guerra, cercando di cavalcare il caso Almasri, la maggioranza si muove compatta nel respingere le accuse in virtù di una sottintesa ragione di Stato; il Guardasigilli Nordio dalla Versiliana si dice "sereno" e "rispettoso delle decisioni del Tribunale dei ministri. Quello che dovevo dire l'ho detto in Parlamento". E sulla possibilità di dimissioni in caso di rinvio a giudizio dallo staff sono categorici: "Il ministro non si dimetterà. Ma quali dimissioni!". Ma è il terremoto giudiziario esploso a Milano e che ha investito il sistema urbanistico del capoluogo meneghino, toccando il Pd, a dominare l'attualità politica. Il ministro dichiara al giornalista del Giornale Stefano Zurlo "di aver appreso i fatti mentre era in viaggio" e "di non poter entrare nel merito della questione" ma ci tiene a precisare: "Per alcune di queste persone è stato chiesto l'arresto: carcerazione o domiciliari. Senza la riforma voluta dal governo Meloni qualche anno fa, queste persone sarebbero in carcere. Noi invece abbiamo invertito i ruoli proprio per enfatizzare la presunzione di innocenza". "La nostra riforma", dichiara orgoglioso, "prevede: prima ti interrogo poi, se questo interrogatorio non convince allora scatta la misura cautelare".

Dal Senato, mentre il ministro si stava recando in Toscana, si aggiungeva un altro tassello nel percorso di approvazione della riforma della giustizia, ormai alle ultime battute finali. "È stata sofferta perché ha trovato un'opposizione ferrea della magistratura. Ma ce la stiamo facendo. Ci sarà una seconda lettura tra settembre, ottobre, novembre e poi un referendum che dovrebbe svolgersi in primavera". "Il primo vero obiettivo", dice l'ex magistrato, "è che se la separazione è il titolo della riforma, il vero nocciolo duro sta nel fatto che viene riformato il CSM con la creazione di un'Alta Corte disciplinare che mette fine alla giustizia di famiglia". E sull'accusa delle opposizioni che il PM diventi strumenti del potere esecutivo è netto: "Continuerà ad essere libero e indipendente. La separazione delle carriere esiste in vari ordinamenti, dall'America alla Francia. Gli attacchi delle opposizioni sono gratuite forme di provocazione polemica da rispedire al mittente". E attacca: "Hanno paura ma la faremo!". La platea condivide e applaude. Incalzato da Zurlo, il ministro tende però anche la mano ai magistrati affermando che "per merito della magistratura la giustizia civile si sta allineando ai livelli europei mancano ancora due, tre anni". Un risultato importante dal momento che i processi civili pesano sull'economia circa il 2% del Pil. Il finale del Guardasigilli è incentrato su due fatti che tornano a dominare nel tempo il dibattito pubblico: il caso Garlasco con il suo uso processo mediatico e il sovraffollamento delle carceri. Nel primo caso il ministro parla di "diretti interessati esposti ad una gogna virtuale con una palese violazione dei diritti civili che non sarebbe mai avvenuta nel mondo anglosassone". Tra le possibili misure da varare il ministro si tira fuori in quanto titolare del dicastero della Giustizia ma invita il Parlamento a prendere come esempio il "disprezzo della legge" o "contempt of court". Una misura inglese per tutelare l'integrità del sistema giudiziario. Nel secondo caso, cita i circa 10.000 detenuti che potrebbero avere una pena alternativa e ribadisce che "non si tratta di una liberazione anticipata" ma si baseranno esclusivamente sull'applicazione della legge già esistente.

Nel salutarlo, il giornalista gli chiede se resterà a Via Arenula qualora la Meloni vincesse di nuovo le elezioni. Ma riesce giusto a strappargli un sorriso e una battuta telegrafica: "Non è mai successo nella storia che un Guardasigilli succeda a se stesso".

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