Roma - «La vostra vita vi appartiene e quindi anche la morte». Con queste parole, rivendicando il diritto a scegliere la propria fine, Dominique Velati, un'infermiera di 59 anni malata terminale di tumore, ha salutato gli amici di Borgomanero ed è andata in Svizzera a morire. A sostenerla in questa scelta estrema Marco Cappato e l'Associazione Luca Coscioni, che insieme ai radicali da anni chiedono la legalizzazione dell'eutanasia o meglio del suicidio assistito che in Italia è comunque e in ogni caso punito dal codice penale. Il 16 dicembre Dominique è stata ricoverata nella clinica Dignitas non lontana da Zurigo dove le è stata somministrata una dose letale di Pentobarbital.
I soldi per pagare il treno che l'ha portata in Svizzera, 49 euro e 50 centesimi, le sono stati dati dall'associazione Sos Eutanasia tramite bonifico tracciabile, in modo che risulti chiaro il ruolo attivo avuto da Marco Cappato nella scelta della donna. Un gesto provocatorio per sollecitare le istituzioni ad aprire all'eutanasia, come spiega lo stesso Cappato, che ieri si è autodenunciato ai carabinieri.«Ho depositato le dichiarazioni spontanee su come ho agevolato Dominique Velati a ottenere l'assistenza al suicidio in Svizzera il 16 dicembre scorso - precisa Cappato - Ho riferito di averle fornito informazioni e assistenza nella procedura e di averle presentato le persone responsabili dell'organizzazione Svizzera».
Anche se l'eutanasia è stata eseguita in Svizzera, dove è ammessa per legge, Cappato comunque rischia una denuncia per il reato di istigazione o aiuto al suicidio. L'avvocato Filomena Gallo, segretario dell'Associazione Luca Coscioni, spiega che in base all'articolo 580 del nostro codice penale Cappato rischia l'arresto e una condanna dai 5 ai 12 anni di carcere. «Il nostro codice è chiaro: il solo fatto di agevolare il suicidio rappresenta un reato - spiega la Gallo - E dato che Cappato ha fatto in modo che risultasse chiaro che l'aiuto al suicidio è avvenuto qui in Italia a questo punto potrebbe essere arrestato».Per la Gallo però risulta evidente come quell'articolo del codice penale sia in palese contrasto con molti principi affermati dalla nostra Costituzione che definisce «inviolabile» la libertà personale e che tutela anche la libertà di cura con l'articolo 32. «Abbiamo raccolto 70mila firme e presentato una proposta di legge di iniziativa popolare che giace in Parlamento da 829 giorni e non è ancora mai stata presa in considerazione - prosegue la Gallo - Una regolamentazione è necessaria e la politica non può continuare a guardare da un'altra parte».
La proposta radicale limita il via libera all'eutanasia a casi specifici. Persone malate con una prognosi infausta e un'aspettativa di vita inferiore a 18 mesi. «Il reato resta per tutti i casi che non presentano questi specifici requisiti - precisa la Gallo - Non esiste il rischio di abusi».
Sono già una sessantina le persone che si sono rivolte a Sos Eutanasia chiedendo assistenza e Cappato annuncia la disponibilità dell'associazione a sostenere anche economicamente l'eventuale scelta dei malati terminali che vorranno andare in Svizzera per trovare «la dolce morte». Altri dati vengono forniti dell'associazione Exit che dal marzo scorso avrebbe accompagnato a morire 25 italiani in un centro del Canton Ticino.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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