In Birmania una parte significativa dell'assistenza sanitaria viene fornita al di fuori degli ospedali statali, da parte dei medici e degli infermieri che si oppongono ai militari e sono fedeli invece al governo di unità nazionale. Lo scrive la Bbc online, precisando che la resistenza organizzata al golpe del primo febbraio, da parte degli operatori sanitari ha portato ad un vero e proprio boicottaggio degli ospedali statali. Gli stessi, tra medici ed infermieri, hanno al contempo guidato le prime proteste di strada, e hanno definito la loro strategia di disobbedienza civile la «rivoluzione del camice bianco».
In molte aree si ritiene che oltre il 70% degli operatori sanitari abbia abbandonato il lavoro, gli ospedali e i pazienti. Ma lavorare in clandestinità è pericoloso. L'Organizzazione mondiale della Sanità ha osservato che, a luglio, metà dei 500 attacchi nei confronti degli operatori sanitari registrati in tutto il mondo si erano verificati proprio in Birmania. L'Università di Manchester ha riferito che nello stesso periodo 25 operatori sanitari sono stati uccisi nel Paese asiatico, 190 arrestati e 55 ospedali occupati dai militari. In Birmania una parte significativa dell'assistenza sanitaria viene fornita al di fuori degli ospedali statali, da parte dei medici e degli infermieri che si oppongono ai militari e sono fedeli invece al governo di unità nazionale.
In una lettera alla rivista Lancet, i leader del movimento degli ospedalieri e dei medici avevano annunciato le motivazioni che li hanno spinti a unirsi al Governo di unità nazionale, composto dai parlamentari fuggiti dalla
capitale ed entrati anch'essi in clandestinità per resistere alla giunta: «Abbiamo già visto come cinquant'anni di occupazione militare siano stati disastrosi per il sistema sanitario nazionale. Non possiamo tornare indietro».
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