Lo "Shakespearelli" fiorentino

Nelle opere messe in scena in tutto il mondo dimostrò passione e tecnica unica

Lo "Shakespearelli" fiorentino

N lla personalità di Franco Zeffirelli - regista e scenografo fra i più importanti del '900 non solo italiano - ha contato molto il luogo di nascita: Firenze.

Il contatto vivo con i capolavori dell'arte che in ogni luogo della città granducale si offrivano al giovane studente dell'Accademia di Belle Arti, furono sicuro sprone per iniziare la «professione» di artista con quella completezza tecnica e quella ricchezza umana che era tipica dei fiorentini. La curiosità indomita, lo spirito salace, l'indole battagliera, il gusto per la battuta da bastian contrario, la provocazione beffarda, la scelta anticonformista di seguire politicamente un democristiano sui generis come La Pira, potevano trovarsi solo in un artista nato Firenze. Non a caso per tanti anni Zeffirelli avrebbe desiderato realizzare un film che trattasse dello straordinario periodo in cui Michelangelo e Leonardo da Vinci lavorarono gomito a gomito per la Signoria, massima espressione del genio dei «Fiorentini» (come avrebbe dovuto essere il titolo di quel progetto rimasto nel limbo).

A Firenze Zeffirelli ebbe maestri che svilupparono il suo talento onnivoro, capace in breve di disegnare tutto quanto era necessario per lo spettacolo, fosse la prosa, il cinema o l'opera. Molti sedicenti registi delle varie nouvelles vagues non sanno nemmeno tenere in mano una matita; Zeffirelli al contrario ha disegnato tutto: costumi, attrezzi, scene, inquadrature. Un altro fattore decisivo per il giovane Franco fu l'incontro con Luchino Visconti, per il quale disegnò e realizzò un'intera città medioevale nel Giardino di Boboli, dovendo il famoso regista milanese allestire il Troilo e Cressida di Shakespeare per il Maggio Musicale Fiorentino. Un lavoro che valeva un viatico, perché Shakespeare è sempre stato uno degli autori preferiti non solo a teatro e al cinema, ma anche nel melodramma. Per questa passione shakespeariana gli inglesi lo battezzarono simpaticamente «Shakespearelli». Sempre con la guida di Visconti, Zeffirelli entrò nel mondo dell'opera da protagonista, seguendo il fenomeno Maria Callas, con la quale avrà modo di lavorare non solo nelle ultime importanti produzioni della Diva greca (Norma e Tosca). Approdato a Milano, dopo i successi al Massimo di Palermo e al Carlo Fecice di Genova, Zeffirelli divenne il Re della Piccola Scala, firmando una serie di splendidi spettacoli per opere poco note del '700 italiano, per poi passare alla Grande Scala sotto il segno di Rossini (per il famoso Turco in Italia, che rivelò grandi doti nella Callas alle prese con un ruolo drammatico, ma con una parte comico-giocosa). Un altro Mentore fondamentale fu il maestro Tullio Serafin, patriarca del melodramma, che lo impose e lo sostenne anche nel suo esordio internazionale al Covent Garden di Londra (per Lucia di Lammermoor, dove nasceva una nuova stella, Joan Sutherland). Da Serafin imparò anche i fondamentali della regia d'opera, come, per esempio, l'attenzione sempre rivolta ai protagonisti, che non devono mai essere inglobati nella folla anonima, ma si devono subito vedere all'apertura di sipario.

Zeffirelli ha lavorato nei teatri più importanti del mondo, stabilendo però un record personale con le sue produzioni di Falstaff, Otello, Aida, Bohème, Carmen al Metropolitan di New York, dove sono state replicate a centinaia, senza interruzioni, per decenni, e sempre con immutabile successo di pubblico. Poi il suo sodalizio si estese alle nostre case d'opera: al Teatro dell'Opera di Roma, alla Scala e all'Arena di Verona, dove realizzò una meravigliosa edizione di Madama Butterfly e una spettacolare produzione del Trovatore. Quest'ultima fu una delle ultime opere di Verdi che affrontò, forse perché legata alla sua autobiografia. Come il Conte di Luna scopre solo dopo averlo ucciso che Manrico è suo fratello, così Franco Corsi (questo il suo nome vero) fu salvato dalle torture da un repubblichino che scoprì solo dopo che fu ucciso trattarsi di un fratellastro.

Come regista d'opera Zeffirelli ha portato il gusto e la cura dei particolari ereditati dalla scuola di Visconti e la grande abilità nel muovere le masse (una delle cose più difficili in teatro). È più facile dire con chi non ha lavorato Zeffirelli, altrimenti è come scorrere l'almanacco di Gotha delle sue collaborazioni. Limitandoci solo ai direttori d'orchestra possono bastare, dopo Serafin, i nomi di Leonard Bernstein (Falstaff e Cavalleria rusticana), Herbert von Karajan (Bohème e Traviata), Gianandrea Gavazzeni (Turco in Italia, Mignon, Aida e Ballo in maschera), James Levine e Carlos Kleiber (Otello, Carmen e Bohème).

Speriamo che il suo lavoro e il suo archivio divengano in un futuro prossimo terreno fertile per le nuove generazioni, che prima di far tabula rasa - come ogni avanguardia - dovrebbero avere ameno qualcun, se non tutti, i requisiti tecnici di quello straordinario artista che è stato Zeffirelli.

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