De Feo , De Francesco , Fazzo e Ravoni alle pagine 2 -3 -4
Il problema dell'Italia non è che un ponte inaugurato alla vigilia di Natale sulla Palermo-Agrigento sia crollato a Capodanno, e neppure che i vigili urbani di Roma, così come gli spazzini di Napoli, presentino certificati medici falsi per non lavorare la notte del 31. No, il problema di questo Paese sembra essere solo uno, lo stesso da vent'anni a questa parte: impedire a Silvio Berlusconi di fare politica, bloccando con feroci operazioni mediatiche, politiche e istituzionali anche la sola possibilità che ciò possa accadere. Pure a costo di andare contro il bene di centinaia di migliaia di cittadini. È questo il senso della mobilitazione scattata ieri per fermare l'iter di una norma contenuta nel decreto sulla riforma del fisco che, di fatto, depenalizza penalmente - non dal punto di vista amministrativo, e quindi economico - le evasioni fiscali di lieve entità. Quelle, per intenderci, che stanno sotto la soglia del tre per cento rispetto all'imponibile di una azienda, o di una persona fisica, e che sono il più delle volte frutto di errori formali più che di furberie o ladrocini. Parliamo di una norma ritenuta unanimemente saggia, utile a decongestionare i carichi giudiziari, a recuperare velocemente entrate fiscali eluse, a evitare inutili peripezie sia allo Stato che agli imprenditori. Niente, non se ne farà niente - come ha annunciato ieri il premier Renzi - perché si è scoperto che potrebbe agevolare anche Silvio Berlusconi, condannato per una presunta evasione che sta ben al di sotto di quella soglia del tre per cento. Il Cavaliere, se la nuova legge venisse approvata, potrebbe infatti vedere accorciato il suo periodo di esclusione dalla vita politica attiva. Cosa che molti italiani auspicano, che lascia altri del tutto indifferenti, ma che fa gridare allo scandalo la casta che per anni si è adoperata per la sua morte civile e politica.
Abbiamo depenalizzato spaccio, furti e omissione di soccorso, rimettendo in libertà delinquenti di ogni risma. Ma guai ad accorciare una pena (ingiusta) al leader del centrodestra. Il quale, mi risulta, non si è disperato.
A differenza dei tanti imprenditori che rischiano il carcere per errori compiuti in buona fede affondando in quel mostro che è il fisco italiano, nel silenzio di Confindustria e Confartigianato, cioè di chi dovrebbe difenderli. Da Renzi ci saremmo aspettati più coraggio e coerenza visti i buoni principi sbandierati per ogni dove.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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