Si stringe il cerchio. La rosa di 5 nomi (e la pista italiana)

Parolin in pole, poi Zuppi e Pizzaballa. Si cerca il vero erede di Francesco

Si stringe il cerchio. La rosa di 5 nomi (e la pista italiana)
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Un punto di equilibrio. Nessuno vuole rinnegare la spinta che Bergoglio ha dato alla Chiesa. L'ha proiettata oltre il colonnato del Bernini, l'ha spinta verso il mondo, l'ha cercata nelle facce provate degli ultimi. L'eredità di Bergoglio non si tocca e il conclave cercherà una persona in grado di raccogliere un testimone così pesante e impegnativo. Ma alcuni meccanismi andranno rivisti, perfezionati, completati. Spinte e controspinte. C'è chi immagina un papato ponte o di mediazione.

Le formule si sprecano, la sostanza è chiara: avanti con la lezione di Bergoglio ma il popolo e i pastori hanno bisogno di certezze. Chiarezza. Qualcuno azzarda che si deve ritrovare un ordine. Fra centro e periferia. Fra tradizione e innovazione. Fra la limpidezza del pensiero e la magnanimità del cuore. Ecco che si entra in un labirinto di richieste e suggestioni da cui si può uscire in un modo e in uno solo: chiamando sul soglio di Pietro una personalità che sappia fare sintesi.

Ciascuno vede un lato del problema: chi è stato a Roma tutti questi anni può essere il prescelto? Questione difficile che può essere affrontata in tanti modi. È però è anche su questo versante che possono rotolare inattesi macigni sulla strada del cardinale Pietro Parolin, il segretario di Stato che è stato vicino a Francesco, ne ha condiviso il percorso, fatalmente sentirà sulle spalle anche le critiche rivolte al Papa defunto. Si dice che Parolin disponga di un pacchetto consistente di voti, forse addirittura 40, e con quella dote entrerà il 7 maggio nella Sistina. Sulla carta c'è lui in pole position, ma quel che succederà è al momento imprevedibile. Qualche eminenza si schiererà con lui, sentendosi rassicurato, confortato sulla strada della fede, altri gli riconoscono si le virtù ma gli imputeranno in qualche modo le scelte più problematiche dell'era Bergoglio: la gestione ondivaga, fino alla stretta finale, del caso Becciu, l'accordo con Pechino che non convince, la volontà di riscrivere e in qualche modo sconvolgere la geografia della Chiesa.

Chissà se si riferisce a lui il cardinale salvadoregno Gregorio Rosa Chavez quando costruisce una sorta di indovinello: «Nella mia lista ci cono cinque nomi. La mia è una lista molto interessante, e ci sono anche italiani». Italiani, al plurale, forse alludendo a Matteo Zuppi, l'arcivescovo di Bologna amato dai progressisti, o Pierbattista Pizzaballa che ora qualcuno vuol far passare per nemico di Israele ma ha trascorso una vita a studiare la cultura ebraica.

Forse, fra una congregazione generale e l'altra, i cardinali si stanno chiarendo le idee più rapidamente di quel che i giornali pensano e infatti Chavez, che collaborò con il martire Oscar Romero, aggiunge un'affermazione assai coraggiosa: «Penso che il conclave durerà al massimo tre giorni». Attenzione, lui ha passato gli ottanta anni e non sarà blindato nella Sistina ma proprio questa condizione lo rende in un certo senso più libero di esprimersi. E se parla in questo modo c'è da pensare che abbia raccolto le confidenze di altri colleghi che invece decideranno il nome del successore di Francesco. Parolin resta il candidato più accreditato, ma non c' è un nome forte in partenza.

Potrebbero esserci sorprese. E colpi di scena al riparo dai riflettori: se un papabile raccoglie consensi, ma non sfonda è facile che si esplorino altre soluzioni. Spesso è andata così, lo stesso schema potrebbe ripetersi dal 7 maggio.

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