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La siccità? Colpa dei no ambientalisti

Sinistra e 5s: fuori i privati. Ma gli acquedotti sono un colabrodo

La siccità? Colpa dei no ambientalisti

Non piove, governo ladro. Per il leader grillino Conte l'esecutivo «non si muove» e lascia seccare fiumi e laghi. Per il verde Bonelli ancora peggio, «le politiche ambientali dell'attuale governo italiano sono le prime responsabili della situazione drammatica che ci aspetta da qui a qualche mese quando sarà necessario razionare l'acqua». La Meloni in aula ha risposto ironicamente e biblicamente, smentendo di avere il potere di spostare le acque dai letti dei fiumi. In effetti il sistema idrico italiano fa acqua da tutte la parti, da molto tempo. E gli ambientalisti e grillini ci hanno messo del loro per lasciare tutto com'è, facendo fallire il referendum del 2011, contro la «privatizzazione dell'acqua pubblica», questo lo slogan usato dal fronte del No. In realtà avrebbe solo aperto ai gestori più efficienti, pubblici ma anche privati, tramite gara, l'affidamento di una serie di servizi locali, tra cui l'acqua. Un'opportunità per attirare investimenti sulla rete colabrodo e migliorare le infrastrutture idriche (tubature, fogne, acquedotti). Il M5s guidò la campagna del No, a colpi di «giù le mani dall'acqua pubblica». L'acqua pubblica è stata così «salvata» dalle grinfie degli investitori privati ed è rimasta nelle sapienti mani dei gestori pubblici (o a maggioranza pubblica) che servono il 97% della popolazione residente in Italia. Con quali risultati? Quelli che ha raccontato l'Istat nelle ultime statistiche sull'acqua. Dove si scopre che circa 157 litri d'acqua al giorno per abitante vengono persi durante la distribuzione. Si tratta della quantità necessaria al fabbisogno di 43 milioni di persone. Lo stato di inefficienza di molte reti comunali di distribuzione dell'acqua potabile è raccontato da quest'altro numero: le perdite rappresentano il 42,2% del totale, una percentuale doppia rispetto agli altri paesi europei. Quasi la metà dell'acqua pubblica va persa. Colpa di una rete vecchia e malmessa, «alla vetustà degli impianti, prevalente soprattutto in alcune aree del territorio, e a fattori amministrativi, riconducibili a errori di misura dei contatori e ad allacci abusivi» scrive l'Istat. Tutti impianti gestiti dallo Stato, tramite le sue articolazioni comunali. Per farsi un'idea della situazione la Treccani ha usato dei paragoni: «Ogni anno i nostri acquedotti smarriscono tanta acqua quanto quella contenuta in 360.000 piscine olimpioniche e quasi il doppio del contenuto medio del Trasimeno, quarto tra i laghi d'Italia per estensione, dopo quello di Como, mentre». Pioggia o non pioggia, è la rete idrica italiana il vero problema. Le tubature sono decrepite: il 40 per cento è stata posata negli ultimi 30 anni, un terzo tra 31 e 50 anni e il 25 per cento hanno addirittura più di 50 anni. Se procedessimo di questo passo, Utilitalia calcola che ci vorrebbero 250 anni per rinnovare completamente la rete di acquedotti italiana. La mancanza di pioggia non aiuta.

E neppure i grillini e gli ambientalisti del no.

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