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"Sicurezza, gravi violazioni". Per la strage degli operai sotto accusa i due superstiti

La procura di Ivrea ha iscritto nel registro degli indagati i due sopravvissuti alla strage di Brandizzo

"Sicurezza, gravi violazioni". Per la strage degli operai sotto accusa i due superstiti

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La procura di Ivrea ha iscritto nel registro degli indagati i due sopravvissuti alla strage di Brandizzo, dove cinque operai sono stati falciati come birilli da un treno che viaggiava a oltre cento chilometri orari, sui binari dove erano in corso dei lavori di manutenzione.

L'avviso di garanzia ad Antonio Massa - 46 anni, originario della Puglia ma da anni residente a Grugliasco, nel Torinese - è arrivato a poche ore di distanza dall'incidente e dalle sue dimissioni dal pronto soccorso dell'ospedale di Chivasso. Massa è rimasto illeso ed è scampato alla tragedia solo perché si trovava sulla banchina a fianco del primo binario, dove è transitato il locomotore che ha investito i cinque operai. Era intento a compilare una relazione per conto di Rfi, società della quale è dipendente. Relazione che sicuramente servirà a far luce sulla dinamica del sinistro. Lui sarebbe il così detto «scorta ditta», ossia il dipendente di Rete Ferroviaria Italiana che accompagna gli operai e che materialmente avrebbe dovuto dare il consenso all'inizio dei lavori, una volta appurato che lungo quella tratta di binari non sarebbero più passati i treni. Al vaglio degli inquirenti c'è la drammatica telefonata tra Massa e il collega del centro di controllo della circolazione treni di Chivasso, incaricato di dare il via ai lavori. Tutto lascia pensare che Massa abbia dato l'ok agli operai senza il consenso del collega. Nella registrazione si udirebbero i rumori dello schianto e le urla degli operai.

Indagato anche Andrea Girardin Gibin, 52 anni di Borgo Vercelli, capocantiere della Sigifer, salvo per miracolo solo perché ha intravisto i fari del treno in arrivo ed è riuscito a spostarsi sul binario accanto.

La loro iscrizione nel registro degli indagati - per ora sarebbero gli unici - ha portato anche a modificare il titolo di reato del fascicolo d'inchiesta. A poche ore di distanza dalla strage, la procura ipotizza anche il dolo eventuale, a corredo delle contestazioni già sollevate di disastro ferroviario e omicidio plurimo. Ciò significa che chi ha dato il via libera agli operai, anche solo verbalmente - fatto che è stato appurato dagli investigatori -, ha accettato il rischio di una strage, come infatti è accaduto.

Per questo insieme a Massa è indagato anche l'altro superstite, il capocantiere della Sigifer, la ditta che eseguiva i lavori di manutenzione per conto di Rfi in quel tratto di ferrovia. Il primo doveva controllare e accertarsi che fosse rispettato il divieto assoluto del passaggio dei treni, il secondo che gli operai iniziassero i lavori lungo i binari solo dopo la certezza del blocco della circolazione ferroviaria. Evidentemente qualche cosa nella comunicazione non ha funzionato: il salto di un passaggio ha portato dritto alla catastrofe. In gergo si dice che i binari avrebbero dovuto essere «morti», ossia privi di circolazione. Invece un treno, forse in ritardo di una quindicina di minuti, è passato quando i lavoratori erano convinti non ce ne dovessero più essere. Infatti nessun profilo di responsabilità è a carico dei due macchinisti del convoglio, che non erano al corrente della presenza di operai in quel tratto di ferrovia e che avevano il semaforo verde. Ed è proprio questo passaggio che è finito sotto la lente degli inquirenti per accertare eventuali responsabilità e chiarire la dinamica dell'incidente. Uno dei due macchinisti, Francesco Gioffré, 29 anni, è stato ascoltato come testimone dai pm di Ivrea nella giornata di ieri, mentre il secondo e più esperto, Marcello Pugliese, 52 anni, dovrebbe essere ascoltato nelle prossime ore.

Di «mancata comunicazione per il nulla osta» si dà conto nei primi atti dell'inchiesta. «Anche se all'inizio di un lungo lavoro di approfondimento abbiamo riscontrato delle carenze molto gravi nel sistema di sicurezza che ha gestito l'appalto del cantiere in cui sono morti cinque operai», ha precisato la procuratrice di Ivrea Gabriella Viglione, misurando le parole e scandendo ogni sillaba per non eccedere nelle informazioni sulle quali vige ancora il massimo riserbo. «Ci sono state violazioni molto importanti della procedura di sicurezza - ha proseguito -.

L'incidente poteva essere evitato se il protocollo fosse stato seguito regolarmente».

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