La sigaretta del futuro si scalda e non si brucia (e fa meno male)

Philip Morris lancia l'evoluzione delle bionde: l'odore è lo stesso, ma la tossicità è inferiore

La sigaretta del futuro si scalda e non si brucia (e fa meno male)

Se fino a oggi vedevi uno che svapava nuvole dalla bocca, i possibili responsabili erano tre: 1) il freddo; 2) la vituperata sigaretta tradizionale; 3) la e-cig (sigaretta elettronica, considerata la cugina scema della «tabaccosa»).

Ma ora, «grazie» alla Philip Morris, spunta una quarta opzione: la Iqos. Il nuovo «dispositivo» prevede un cilindretto autoriscaldante (costo: 70 euro) alimentato da una pila (durata: due anni) all'interno del quale va inserita una pseudo-sigaretta contenente vero tabacco (il pacchetto da 20 costa 5 euro).

A questo punto lo stick di tabacco viene riscaldato, producendo le caratteristiche volute alla nicotina che, da sempre, mandano in estasi gli spippatori nemici dell'odiato (almeno da loro) ex ministro Sirchia, quello dello storico decreto anti-fumo.

Il «trucco» dell'Iqos? Scaldare il tabacco invece di brucialo. Un'invenzione che ridurrebbe la tossicità della boccata del «90 per cento». Almeno così giura personalmente il «signor» Philip Morris, la cui obbiettività in materia risulta però alquanto fumosa.

Sta di fatto che la svolta «salutista» del gigante del tabacco può ritenersi storica: «bionde» sì, ma con meno danni per corpo e psiche. Un vecchio ritornello che suona ciclicamente, muovendo per ogni «tirata» (con o senza filtro) un giro d'affari mondiale di oltre 80 miliardi di dollari l'anno. E quando in ballo ci sono cifre di questo tipo, «spegnere» la smoke-economy è inimmaginabile. E allora vai con le nuove invenzioni, che muovono il mercato giocando anche sul fattore-salute. La Iqos, ad esempio, promette di «produrre meno fumo», di «non lasciare addosso cattivo odore» e di «convincere il 70 per cento dei fumatori ad abbandonare le sigarette tradizionali»: insomma, se non proprio una boccata d'aria pura, quantomeno una boccata di aria meno velenosa. E la Philip Morris Italia non sta certo a guardare. Per la Iqos sono già stati investiti tre miliardi di dollari, con ricadute che si sono fatte sentire anche nel nostro Paese: lo stabilimento di Zola Predosa (Bologna) ha aumentato la produzione, raggiungendo livelli record. «Idem per la fabbrica-modello di Crespellano (Bologna) che produce tutte le componenti della Iqos esportandole in tutto il mondo: un investimento di 500 miliardi di dollari che comporterà, a regime, 600 nuove assunzioni», spiega al Giornale un portavoce della Philip Morris Italia.

Un successo che ha spinto la diretta concorrente, la British America Tobacco, a impegnarsi sullo stesso terreno con prodotti analogamente innovativi. «Andiamo incontro a un futuro in cui abbandoneremo gradualmente la vendita delle sigarette tradizionali, puntando su soluzioni alternative», ha dichiarato Martin Inkster, amministratore delegato di Philip Morris Regno Unito e Irlanda.

Iqos è già commercializzato in una dozzina di mercati, (tra cui Giappone, Svizzera e Italia), ma la Morris produce ancora circa 870 miliardi di sigarette ogni anno.

Intanto anche la British American Tobacco (Bat) ha annunciato un miliardo di investimenti in Italia, fra materiali e

macchinari per la produzione di sigarette, con il sostegno agli agricoltori attraverso l'acquisto del tabacco nostrano. Come Philip Morris, anche Bat punta sul «vapore». Da non confondersi, almeno a Milano, con la nebbia.

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